Si
svolgerà il prossimo 22 e 23 novembre, a Lecce, presso l’aula Ferrari di
Palazzo Codacci Pisanelli (Piazzetta Arco di Trionfo 1), un importante convegno
sul tema dell’inclusione, esclusione e diseguaglianze sociali che investono i gruppi
rom in Italia. Al centro della riflessione del Convegno, Organizzato dall’International Centre of Interdisciplinary Studieson Migrations e dal Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell'Università del Salento,
gli effetti e le dinamiche innescate dalle politiche, dagli interventi pubblici
e dai processi socio economici
Al convegno parteciperanno studiosi, esperti e
attivisti, che sul tema conducono da anni lavori di fondamentale importanza per
il dibattito pubblico e scientifico, e rappresentanti istituzionali. Non mancheranno
operatori culturali e artisti che hanno saputo declinare inedite narrazioni
sul tema.
Tra gli altri, ci saranno gli interventi di: Tommaso Vitale (Science-Po, Parigi), Stefano Pasta (Università Cattolica Sacro Cuore di Milano), Roberto Bortone (Unar), Luca Bravi (Univerisità di Firenze), Carlo Stasolla (21 Luglio), Valeria De Martino (Istat) (il programma completo in locandina).
Tra
gli interventi programmati, hanno al momento confermato la loro presenza:
l'associazione Alteramente, Claudio Cavallo degli Original Mascarimirì, autore del
film Gitanistan - Lo Stato immaginario, Luciana Rinaldi... e siamo in attesa di
tante altre qualificate presenze!
Per restare aggiornati sui dettagli e gli aggionrmenti sul programma cliccare qui
La questione della definizione categoriale di chi
possa essere o meno considerato rom non
ha una soluzione condivisa, né sul piano degli studi scientifici, né su quello
della definizione politico-legislativa. Non esistono criteri oggettivi per determinare chi sia
rom e chi non lo sia: esistono paesi in cui i rom sono riconosciuti come
minoranza e altri in cui non lo sono; non tutti coloro che si autodefiniscono o
sono definiti rom parlano la stessa lingua, o condividono una religione comune;
inoltre i gruppi rom hanno provenienze geografiche diverse, così come molto
diverse sono le condizioni socio-economiche o i livelli di scolarizzazione.
Anche i tassi di partecipazione alla vita politica dei paesi nei quali vivono
cambiano sensibilmente, sia in termini di partecipazione attiva che passiva.
Nonostante questa varietà,
considerare i rom come appartenenti a gruppi etnici e/o con caratteristiche
culturali comuni e rigidamente definite è stato e continua ad essere un
approccio piuttosto diffuso in parte della letteratura sul tema e, soprattutto,
nell’azione politica che le istituzioni pubbliche mettono in campo.
D’altro canto, il processo di
costruzione di un’immagine più o meno omogenea - in alcuni casi essenzialista -
con cui viene identificata la cultura rom, iniziato nel Settecento con la
diffusione delle teorie sull’origine
indoariana del romanes, continua ancora oggi a condizionare, in
particolare, il discorso pubblico sui rom. È un discorso
alla cui formazione partecipano, a diversi livelli, molti attori: politici,
rappresentanti istituzionali, attivisti, associazioni, media, artisti e
rappresentanti delle élites romanì.
Questo tipo di definizione culturalista, in Italia più
che altrove, ha influenzato l’azione politica delle istituzioni pubbliche e
delle organizzazioni sociali. È il caso delle leggi regionali che dagli anni
Ottanta hanno istituito in diverse regioni italiane aree sosta da destinare
alla residenza esclusiva dei rom, o anche l’istituzione negli anni Settanta
delle classi lacio drom, classi
speciali, destinate esclusivamente a bambini rom e sinti, soppresse
definitivamente solo nel 1982. Il condizionamento culturalista dell’azione
politica non è però solo un retaggio del passato, continua, sotto diverse forme
ad essere riproposta anche oggi.
Tra le ricadute maggiormente contradditorie di questo
tipo di approccio, c’è la ridefinizione, su un piano di presunte differenze
culturali, di ciò che in molti casi è invece conseguenza di diseguaglianze
sociali, reiterate per generazioni, in parte incentivate o mantenute proprio
dagli interventi politici, si pensi all’esclusione sociale di chi vive
all’interno dei campi istituzionali, in particolare di chi vi è nato e cresciuto.
In non poche occasioni, le difficoltà di accesso a lavoro, all’abitazione o ai
servizi, anziché essere affrontate partendo dalle dinamiche socio-economiche in
cui prendono forma, vengono aprioristicamente ascritte a stili di vita e
modelli comportamentali che si inscriverebbero in un approccio culturalmente
diverso che caratterizzerebbe i rom.
Il superamento della visione culturalista, tanto sul
piano dell’azione politica, quanto su quello degli studi in materia, è uno dei
presupposti necessari per ricondurre l’analisi relativa ai processi di
inclusione/esclusione dei gruppi rom nel più generale contesto in cui tali
processi prendono forma.
1. L’economia e le società attuali
sono caratterizzate da meccanismi che producono straordinari incrementi della
ricchezza e, nello stesso tempo, processi di impoverimento, che riguardano
segmenti sempre più ampi della popolazione mondiale. È nell’ambito di questo
processo generale che sorgono le specifiche forme di diseguaglianze che
colpiscono una parte consistente dei cittadini di origine rom. Se si fa
riferimento alle dinamiche delle diseguaglianze negli ultimi decenni si osserva
un andamento peculiare:
a. all’indomani
della Seconda Guerra Mondiale le dinamiche più preoccupanti dei fenomeni di
diseguaglianza emergevano nel rapporto tra paesi avanzati e paesi in via di
sviluppo: se nei primi le diseguaglianze diminuivano progressivamente,
aumentavano quelle tra paesi ricchi e paesi poveri;
b. gli
ultimi decenni hanno visto un aumento delle diseguaglianze tra paesi avanzati e
paesi definiti arretrati, ma hanno al contempo evidenziato una significativa
crescita delle diseguaglianze anche all’interno dei paesi più ricchi;
c. inoltre,
i processi di impoverimento e le diseguaglianze hanno assunto la forma di una
drammatica riduzione delle opportunità, poiché ai gap di natura produttiva e
tecnologica si sono aggiunti gli effetti negativi determinati da un progressivo
peggioramento delle condizioni sociali (emergere e consolidarsi di regimi
autoritari, riduzione della sicurezza sociale, basso livello di mobilità,
acuirsi delle contrapposizioni violente, ecc) e da depauperamenti dell’ambiente
naturale, tali da rendere difficile anche la sopravvivenza di tipologie
produttive tradizionali.
La relazione tra incremento dei
fenomeni migratori e queste dinamiche è stata empiricamente dimostrata, come è
stato dimostrato che i meccanismi di rifiuto e di esclusione tendono a
proliferare e a diffondersi rapidamente (anche per convenienze politiche) in
società coinvolte da crisi economiche, da riduzioni delle politiche di welfare
e da un aumento complessivo dell’incertezza sociale. Come spesso succede,
analisti e policy-maker tendono a concentrare la loro attenzione sugli aspetti
di superficie, ignorando la loro radici nelle dinamiche delle strutture
economiche della società contemporanea, in base all’idea che vanno, in primo
luogo, affrontati i fenomeni di crisi.
Il rischio che emerge da una tale visione è
quello di considerare separatamente i fenomeni di diseguaglianza e esclusione, trascurando
o sottovalutando il sostrato comune su cui essi crescono (anche in forme
diverse) e si sviluppano. Ovviamente, ogni situazione di crisi va affrontata
tempestivamente e con razionalità, ma se non si recupera una visione d’assieme,
che la collochi in un contesto analitico corretto che orienti politiche appropriate e non di
breve periodo, si rischia di cadere nei circoli viziosi tipici delle logiche
emergenziali: ogni fenomeno di crisi sollecita misure urgenti; queste
standardizzano e rendono automatici attitudini e comportamenti; lo squilibrio
da emergenza si trasforma in un dato endemico favorito dalla permanenza dei
fattori che l’hanno prodotto (che non sono affrontati dalle politiche
emergenziali) e dalla visione adottata per spiegarli e per risolverli.
2. Anche l’esclusione sociale che colpisce parte dei
rom dunque è, in primo luogo, una questione
di politica sociale e come tale andrebbe affrontata. Le risposte dovrebbero
essere trovate in politiche di welfare universalistiche. Politiche di contrasto
alla povertà, accesso all’edilizia residenziale pubblica, forme di sostegno
all’affitto, formazione professionale, sostegno alla scolarizzazione fino ai
livelli più alti, forme di protezione sociale conseguenti la perdita del
lavoro, riqualificazione professionale: sono solo alcune delle strade che si
potrebbero perseguire per incentivare percorsi di inserimento sociale e
realizzazione individuale. Si tratta di interventi politici che, per essere
implementati, richiedono però, oltre che un cambio di prospettiva, un
ribaltamento delle logiche economiche che sottendono il processo di
contenimento della spesa sociale, oggi perseguito tanto a livello nazionale che
internazionale.
Il convegno, partendo da esperienze
di ricerca mira a ricostruire, discutere e analizzare criticamente i diversi
fattori che hanno favorito o, al contrario, scoraggiato l’emergere dei processi
di esclusione e/o inclusione sociale dei singoli cittadini di origine rom e/o
di gruppi rom.
In particolare, si intende
analizzare e discutere i seguenti aspetti:
·
Gli interventi pubblici, rivolti ai gruppi rom, (messi
in campo sia dalle istituzioni che dal terzo settore) nei diversi paesi
europei: politiche di welfare, programmi di inclusione sociale sperimentali e/o
a regime, iniziative del terzo settore.
·
I risultati raggiunti in diversi ambiti (abitazione,
lavoro, salute, istruzione…) dalle politiche specificamente rivolte ai rom
comparate con quelli raggiunti attraverso politiche di welfare universalistico.
·
Le cause e i fattori socio-economici che condizionano
i processi in esclusione/inclusione dei gruppi e dei singoli.
·
Le dinamiche e gli effetti innescati dai processi
migratori che hanno coinvolto i gruppi rom e i singoli rom.
·
I processi di interazione e scambio tra gruppi rom (e
singoli) con il resto delle società maggioritaria.
Tra gli obiettivi che il convengo si
pone c’è anche quello di individuare possibili orientamenti e strategie
politiche di medio periodo attraverso cui affrontare (anche secondo una logica
di sperimentazione sociale aperta al contributo di tutti gli attori coinvolti)
il contrasto ai processi di esclusione sociale vissuti dai rom.
Nessun commento:
Posta un commento