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sabato 29 novembre 2025

La vicenda della casa nel bosco. Quando l’antiziganismo trova declinazione tanto a destra, quanto a sinistra…





La vicenda della casa nel bosco. Quando l’antiziganismo trova declinazione tanto a destra, quanto a sinistra…
Da diversi giorni osservo, soprattutto dalla mia bolla social, il dibattito – ma forse sarebbe più corretto dire il ciarlare – che si è aperto a proposito della vicenda che viene identificata sui media come “il caso della famiglia/casa nel bosco”.
Il racconto della vicenda è quasi sempre fatto sulla base di una retorica argomentativa tutta incentrata sulla contrapposizione tra chi sostiene e chi avversa la decisione presa dal Tribunale dei minori dell'Aquila. Mi pare che il dibattito abbia avuto una significativa polarizzazione da quando anche esponenti politici hanno preso parola sul tema…
Le motivazioni di chi sostiene l’una o l’altra “fazione”, si sa la riduzione di complessità e lo scontro agevola la condivisione di una notizia, sono le più diverse … Tra le argomentazioni che ho potuto leggere, una più delle altre ha attirato la mia attenzione: il parallelismo che viene da più parti avanzato tra condizione dei “bambini rom” e quella dei bambini della “famiglia/casa nel bosco”. Mi ha colpito perché è l’ennesima riproposizione di un radicato pregiudizio antizigano che pervade i discorsi e le pratiche tanto di chi esprime posizioni reazionarie, quanto di chi sia convinto di avere posizioni progressiste e di sinistra.
Semplificando, a destra trovo questa argomentazione: “alla famiglia nel bosco hanno sottratto i minori perché i giudici non accettavano il loro stile di vita libero e in sintonia con la natura, volevano mettere bocca su come educare i propri figli, mentre ai rom che fanno vivere i figli nei campi, in mezzo all’immondizia, che mandano i bambini a rubare invece che farli frequentare la scuola, i figli non vengono sottratti”.
In area progressista invece circola più o meno questa argomentazione: “non è vero che i bambini rom non vengano allontanati, quando i genitori li fanno vivere in condizioni pietose e senza istruzione vengono allontanati dalle loro famiglie. La vera domanda è: perché le centinaia di volte che è successo a coppie rom non era, per voi, un “attacco alla libertà di pensiero” e alla “famiglia”? Forse perché il rom non coincide col prototipo di bianco occidentale?”
Entrambe queste posizioni, che più o meno sintetizzano le diverse gradazioni del discorso antizigano che si possono leggere sull’argomento, hanno come sostrato l’idea, tacitamente accetta, che:
- esista uno stile di vita rom e che questo preveda un rapporto educativo peculiare ascrivibile proprio all’essere rom e che questo stile “non coincida col prototipo di bianco occidentale”;
- i bambini rom vivano nei campi in condizioni degradanti per scelta dei loro genitori;
- i rom non mandino i figli di scuola.
Ora, lascio perdere le argomentazioni dei destrorsi, ma almeno chi si dice progressista e di sinistra dovrebbe provare ad andare al di là del senso comune, magari guardando al di là del proprio naso!
Innanzitutto, dovrebbe essere noto, ma viste certe affermazioni giova ripeterlo, che la stragrande maggioranza dei minori rom non vive affatto in condizioni degradanti, a vivere in condizioni degradanti, non per scelta dei genitori, ma delle nostre istituzioni, sono una parte dei minori costretti a vivere nei campi. Se si confonde una parte con il tutto, non si capisce di cosa si sta parlando.
Le condizioni degradanti che vive una parte minoritaria (anche se significativa) di minori rom, dunque, non discende dal presunto stile di vita rom non conciliabile con il “prototipo di bianco occidentale”, ma dal vivere all’interno di luoghi segreganti che producono e riproducono strutturalmente dinamiche di esclusione sociale, tali luoghi, noti come campi rom, campi sosta, campi nomadi… sono stati prima costruiti e/o attrezzati e poi gestisti dalle istituzioni. Così come pure, molti degli allontanamenti dei minori rom dalla scuola negli ultimi anni sono stati conseguenza, non di una scelta dei genitori, ma di sgomberi forzati operati dalle istituzioni che non hanno offerto una alternativa alle famiglie e ai minori che pure avrebbero dovuto tutelare.
Ridurre la vita delle persone a strumento retorico delle vostre argomentazioni, contribuendo a diffondere pregiudizi, non fa di voi paladini della diversità, ma solo amplificatori di antiziganismo. Prima di dire idiozie, meglio informarsi, o, ancora meglio, fatevi una chiacchierata con chi ritenete “il non prototipo di bianco occidentale” giusto per capire quanto sia più o meno lontano dalla realtà quello che voi avete in mente! Magari così scoprirete che la stragrande maggioranza dei rom e dei sinti che vivono in questo paese (tra l’altro giusto da qualche secolo, almeno dal 1422) non vivono nei campi, i loro figli frequentano le scuole di ogni ordine e grado, frequentano le università. Magari scoprirete anche che nelle scuole frequentate dai vostri figli non solo ci sono loro compagni rom, ma che qualche loro insegnante è rom e semplicemente voi non lo sapete perché, se un rom non si comporta come voi pensate di debba comportare un rom, semplicemente non lo riconoscente…
Sono stati questi pregiudizi che nel passato recente hanno posto le basi affinché si innescassero quelle dinamiche di esclusione cristallizzate e riprodotte dai campi che, tra le altre cose, hanno contribuito a produrre uno stigma che nell’immaginario di molti, troppi, coincide con “lo stile di vita dei rom percepito come lontano dallo stile di vita del bianco occidentale”.
La realtà è più complessa del modo in cui i pregiudizi la dipingono e, soprattutto, per non cadere nella trappola del razzismo differenzialista dovremmo ricordarci che spesso si prova a far passare per delle “accettabili differenze culturali”, quelle che sono in realtà inaccettabili ineguaglianze sociali!


lunedì 25 agosto 2025

Jerry Essan Maslo. Una storia italiana

 


di Antonio Ciniero

La notte tra il 24 e il 25 agosto veniva assassinato Jerry Essan Maslo. 

Alla vicenda di Masslo, le teche rai hanno dedicato uno spazio che raccoglie interviste e spezzoni di programmi dell’epoca che parlarono della vicenda. Il titolo è infelice “La guerra di Masslo” (Masslo non ha fatto una guerra, semmai la guerra è stata fatta a Masslo e ai tanti che hanno provato a costruire un futuro lontano dal posto in cui sono nati da leggi ingiuste e liberticide), ma i materiali sono interessanti. 

Se avrete la pazienza di vederli e ascoltarli vi sembrerà di vivere un déjà vu, oltre che la storia Masslo, dell’Italia di quell’epoca, vedrete molto di quello che ancora oggi accade. 


Qui il link al sito della rai

domenica 9 febbraio 2025

Almasri, non è che un ingranaggio. Chi oggi è all’opposizione conservi la stessa indignazione per chiedere un cambio (radicale!) delle politiche migratorie Italiane ed Europee.

 



Negli ultimi dieci anni hanno governato un po’ tutti (governi tecnici, centro sinistra, gialloverdi, centro destra, destra centro…) e, nonostante ciò, l’approccio di fondo alla gestione degli ingressi per chi proviene da Paesi non Comunitari è rimasto, sostanzialmente, lo stesso. È un approccio caratterizzato da assenza di prospettive ragionevoli e rispettose dei diritti umani e dalla scomparsa dal dibattito pubblico degli elementi strutturali che caratterizzano gli ingressi e la permanenza in Italia dei nuovi cittadini. 


Non solo in questi anni il tema generale del riconoscimento dei diritti ai cittadini stranieri è progressivamente scomparso dal dibattito pubblico, ma perfino un tema basilare come quello legato alla programmazione degli ingressi che consentano la libertà di movimento e il rispetto della vita umana è venuto meno. In questo ultimo decennio si è continuato a operare in maniera “strutturalmente emergenziale”, prova ne sia, tra le altre cose, la progressiva diminuzione delle (già insufficienti e inadeguate) quote di ingresso annualmente previste per motivazioni lavorative. Una diminuzione che ha costretto moltissimi a trovare modalità alternative per raggiungere l’Italia…. 


L’aumento del numero delle persone costrette all’irregolarità di ingresso o a modalità improprie è un fenomeno noto e studiato da tempo. In questi ultimi dieci anni, per esempio, al calo drastico degli ingressi per motivazioni lavorative è corrisposto un innalzamento repentino degli ingressi per richiesta di protezione (si veda grafico 1) alla quale, nei fatti, ha dovuto ricorrere, pur di avere un titolo di soggiorno, anche chi era alla ricerca di un lavoro e che non avrebbe voluto essere inserito all’interno del sistema di accoglienza italiano. Centinai di miglia di persone costrette da leggi inumane a viaggi pericolosissimi. 


Anche a causa di questa scellerata gestione, il numero degli uomini e delle donne morte in mare che dal 2014 al 2024 hanno provato a raggiungere l’Italia lungo la rotta del Mediterraneo centrale ha raggiunto la drammatica cifra di circa 24 mila persone (si veda grafico 2). 

Queste 24 mila persone sono tutte vite immolate per la “ragion di Stato”, la stessa che si invoca oggi per giustificare il rilascio e l’accompagnamento su un volo di Stato di un criminale come Almasri, spietato ingranaggio di un meccanismo molto più ampio che chiama in causa responsabilità dirette dei Paesi Europei, in primis l’Italia, e della stessa UE che continua a guardare con favore alle cosiddette politiche di esternalizzazione dei controlli dei flussi che, in maniera più brutale e meno politicamente corretto, dovrebbero essere chiamate politiche di subappalto del lavoro sporco. 


Chi oggi in Parlamento grida giustamente la propria indignazione per quanto avvenuto con il rilascio di Almasri, conservi quella stessa indignazione contro le politiche che il proprio partito, quando ha avuto responsabilità di governo, ha avvallato e di cui Almasri non è che una diretta espressione. Almasri è il volto, è l’esecutore di quelle violenze, ma i “mandanti “sono altri e, per citare De Andrè, per quanto quei mandanti si credano assolti, saranno per sempre coinvolti!





Fonte Istat. anni 2012-2023, mia elaborazione.






Fonte IOM. Anni 2014-2024, mia elaborazione


mercoledì 25 settembre 2024

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito…

 



di Antonio Ciniero

«È da ritenersi che i decreti flussi siano stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia a persone che non ne avrebbero avuto diritto»

È la dichiarazione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alfredo Mantovano che campeggia da due giorni sui quotidiani italiani.
Spiace, ma non sorprende, che l’attuale esecutivo non sia in grado di andare oltre la mera propaganda!
Il problema centrale nella governance degli ingressi per motivi di lavoro sono proprio i decreti flussi così come sono strutturati dal 2002, quando, con la Legge 189 del 2002, si è previsto un meccanismo irrealistico e impraticabile: quello dell’incontro a livello internazionale tra domanda e offerta di lavoro. Non occorre aver letto le ricerche di Granovetter o la mole delle analisi accumulate nel corso degli ultimi vent’anni, per sapere che il lavoro si trova stando sul territorio, attraverso i legami sociali che le persone costruiscono. Il mercato del lavoro è “embeddedness”, radicato nelle relazioni sociali, come ha mostrato Karl Polanyi ne “La grande trasformazione”.

Tra l’altro, la denuncia che i decreti flussi rischiano di trasformassi in una “modalità regolare di ingressi clandestini”, ultima perla di chi oggi governa il Paese, non è suffragata dai dati, essendo chi presenta domande tramite il famigerato “click day”, nella maggiorparte dei casi, già sul territorio, costretto all’irregolarità proprio dai meccanismi strutturali della legge 189 del 2002, la cosiddetta Bossi-Fini.

Se si vuole fare in modo che i decreti flussi non producano più irregolarità non c’è che un modo, abolirli, abbandonare l’irrealistico presupposto dell’incontro tra domanda e lavoro a livello internazionale, introducendo modalità razionali e praticabili, come quella del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro valido sull’intero territorio dell’UE, diversamente i flussi saranno condannati all’irregolarità come è avvenuto in tutti questi anni, deprivando di diritti le persone e facendo un gran regalo a chi da questa irregolarità ci guadagna: in primis, chi sfrutta il lavoro e chi sui “pericolosi clandestini” costruisce le sue fortune elettorali!


sabato 21 settembre 2024

Insicurezza, discriminazione e deprivazione dei diritti. In Italia va in onda sempre lo stesso copione




di Antonio Ciniero

Ritorna, puntuale come sempre, la discussione sull’allarme sicurezza, anche questa volta la fonte di insicurezza per milioni di italiani non è la precarizzazione della condizione lavorativa, la precarizzazione delle vite dei più giovani, costrette ad essere continuamente rimandate, per dirla con le parole di Luciano Gallino, non è la guerra, l’aggressione alla popolazione palestinese, la fonte di insicurezza  per gli italiani sarebbe rappresentata dalle “borseggiatrici” (declinato quasi sempre, guarda caso, al femminile…). 
Tutti nei dibatti pubblici (politici e massmediatici) sono d’accordo sul fatto che un problema sicurezza esiste, ma nessuno utilizza dati o fonti per avvalorare questa affermazione…, il fenomeno viene presentato come autoevidente, lapalissiano…, bisogna crederci sulla fiducia, perché lo sanno tutti che è così… 

Quando il dibattito pubblico viene declinato in questo modo, quando è concentrato su un inesistente problema sicurezza (come quello dei presunti borseggi) solo due cose sono certe che avverano nel giro di poco tempo: 

1) l’emanazione di interventi che in nome della sicurezza restringeranno i diritti e le libertà per tutti, basti vedere il testo del Ddl 1660 in discussione in parlamento sul tema, che arriva a prevedere la possibilità di rinchiudere in carcere anche bambini di un appena un anno e criminalizza ogni forma di conflitto sociale; 

2) la creazione di un capro espiatorio su cui scaricare odio, rabbia e frustrazione, questo in realtà è un processo già in atto, non sono pochi gli atti di discriminazione che nei casi più gravi sono divenuti vere e proprie aggressioni nei confronti di donne additate come “borseggiatrici”. È almeno da ottobre 2022, che trasmissioni di vario genere, che vanno dall’intrattenimento all’approfondimento giornalistico, dedicano ampio spazio a riproporre in modo allarmistico uno dei temi tipici in cui si esprime l’antiziganismo: il binomio “rom/sicurezza”, dedicando ampi spazi al tema delle “borseggiatrici rom”, come si legge nei titoli in sovraimpressione, giovani ragazze e addirittura bambine descritte come ladre seriali pronte a derubare e a tenere in scacco passeggeri e turisti della metro di Roma o Milano. Corollario del racconto mediatico, il fatto che resterebbero impunite proprio perché rom. Immagini televisive e discorsi online, la cui diffusione è amplificata dalle migliaia di condivisioni sui social-network, contribuiscono così a rinsaldare e diffondere, da un lato, un clima di paura, dall’altro discriminazione, in questo caso sottoforma di antiziganismo.  È un clima pericoloso e da non sottovalutare, una situazione simile a quella a cui stiamo assistendo si è già verificata nel 2008 e portò, addirittura, all’emanazione dello stato di emergenza con tutto quello che ne è conseguito sul piano della mortificazione dei diritti. 

domenica 31 marzo 2024

Le politiche dell’esclusione. Centri di accoglienza, ghetti agricoli e campi rom in Italia

 E' appena uscito per Meltemi il ultimo libro: Le politiche dell’esclusione. Centri di accoglienza, ghetti agricoli e campi rom in Italia. 



Qual è la genesi dei centri di accoglienza per i migranti? Come sono nati i ghetti agricoli in Italia? Cosa hanno in comune con i campi rom? Come si vive in questi luoghi? Che effetti hanno sulle traiettorie di vita delle persone che li abitano e, più in generale, sul resto della società?
Sono le domande a cui provo a rispondere con questo libro, a partire dall’attività di ricerca degli ultimi dieci anni, in cui ho attraversato questi luoghi che sono dei luoghi di vita e di comprensione del reale, di processi concreti e simbolici che non riguardano solo chi ci vive, ma la società contemporanea nel suo complesso. 

L’obiettivo di questo lavoro è analizzare il modo in cui i centri di accoglienza (e, parallelamente, il sistema di accoglienza), i ghetti agricoli e i campi rom abbiano contribuito, nel solco di una legislazione sulle migrazioni profondamente contraddittoria, a determinare forme di esclusione sociale, integrazione subalterna e inclusione differenziale di segmenti di popolazione definita migrante anche dopo decenni di permanenza nel nostro paese, così come accade ai discendenti nati e cresciuti in Italia. Un altro intento è quello di provare a fare luce sulle categorie di pensiero, che, attraverso la riproduzione ininterrotta di stereotipi, pregiudizi, proiezioni, spesso ingabbiano il percorso della democrazia verso i diritti, anche laddove esista una volontà di cambiamento, proprio perché improntati, oggi come ieri, al non ascolto, al non riconoscimento dei soggetti coinvolti e delle loro istanze.


qui il link al sito della casa editrice









giovedì 21 dicembre 2023

Immigrazione, Italia: sempre in bilico tra un approccio emergenziale e un’inclusione subalterna

 

intervista per Vita


“Il Terzo Settore ha la capacità di trasformarsi e valorizzare i contributi economici, sociali e culturali provenienti da persone di diverse origini geografiche?” Da questa domanda è nato il percorso formativo dedicato alla cittadinanza globale del progetto Formazione Quadri Terzo settore – Fqts. «Dobbiamo superare la logica dei “poverini che arrivano ed hanno bisogno di aiuto”», dice Antonio Ciniero, professore di sociologia delle migrazioni dell’università del Salento


qui l'intervista completa