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martedì 16 luglio 2019

Lavoro agricolo: negli ultimi 12 anni diminuiscono i controlli ma non il lavoro nero!


di Antonio Ciniero

Leggendo i Rapporti annuali sull'attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenziale del Ministero del lavoro ci sia accorge che rispetto al settore agricolo, dal 2006 al 2018, i lavoratori impiegati irregolarmente passano da 10.048 a 5114: - 49%. E’ diminuito il lavoro nero in agricoltura? Assolutamente no, è solo diminuito (si è dimezzato) il numero delle ispezioni che sono passate da 14.397 a 7.160:  - 50%!

Anzi, è vero esattamente il contrario, perché a fronte della diminuzione del numero delle ispezioni è aumento in proporzione il numero dei soggetti impiegati irregolarmente.  

Nel 2006, il numero dei lavorati irregolari accertati in rapporto al numero delle ispezioni era pari al 69%

Nel 2018, il numero dei lavorati irregolari accertati in rapporto al numero delle ispezioni è pari al 71%

È un po’ come quello che sta accadendo nel mediterraneo lungo la rotta Libica, non è vero che meno partenze voglia dire meno morti, visto che a fronte della diminuzione del numero delle partenze è aumenta la probabilità di morire lungo la traversata! Ad oggi, sono morte 426 persone nel tentativo di raggiungere l’Italia, il 15% di coloro che sono arrivati in vita (2779); nel 2016 erano morte 4576 persone, 2% di coloro che sono arrivati in vita (181436).  

lunedì 8 luglio 2019

La “guerra alle migrazioni”



di Antonio Ciniero


Quando, in Europa, è iniziata la “guerra alle migrazioni”?

Non è sicuramente iniziata con Salvini o con Minniti, si può datare l’inizio con il 1985, quando vengono adottati i trattati di Schengen, quelli che istituiscono l’“EuropaFortezza”, uno spazio sempre più aperto alla circolazione delle persone europee e delle merci, ma sempre più impenetrabile, almeno regolarmente, per le persone non europee. È dalla metà degli anni Ottanta che, di fatto, le ambasciate non rilasciano più visti di ingresso per i paesi europei; è da quegli anni che iniziano gli arrivi con i “barconi” in Europa; è da quegli anni che il mediterraneo si insanguina, che si trasforma da “mare che per secoli aveva unito i popoli” a “enorme cimitero a cielo aperto”: sono oltre 30 mila i morti nel mediterraneo dagli anni Ottanta ad oggi, più della metà dei quali sono morti negli ultimi 4 anni!

Perché in Europa, a partire dagli anni Ottanta, le migrazioni vengono sempre più connotate negativamente?

giovedì 20 giugno 2019

Se un ministro minaccia di sterilizzare una donna...

La violenza (non solo verbale) diviene sempre più un elemento strutturale dell'azione politica di questo esecutivo. Ieri, per la prima volta nella nostra storia repubblicana, un ministro della Repubblica ha addirittura minacciato di "mettere in condizione di non aver più figli" una donna accusata di furto. La minaccia di sterilizzazione forzata, da ieri, non è più solo un atto vergognoso della storia dei regimi totalitari nazifascisti, ma argomento politico legittimato da un ministro nel pieno delle sue funzioni.
Non si sottovalutino queste forme di violenza politica, non sono boutades di un leader populista perennemente in campagna elettorale impegnato solo a galvanizzare il suo elettorale, sono forme istituzionali di incitamento e legittimazione alla violenza.
L’aumento esponenziale delle aggressioni a sfondo razzista;
l’aumento esponenziale delle aggressioni ad opera di organizzazioni neofasciste;
i processi di criminalizzazione degli atti solidali;
le forme di repressione violenta del dissenso;
la creazione di capri espiatori su cui scaricare surrettiziamente le frustrazioni di segmenti significativi di popolazione non sono solo retaggio di un triste passato o potenziali pericoli per un futuro prossimo, sono manifestazioni dell’oggi, sottovalutate dai più, che stanno producendo effetti devastanti tanto sul piano sociale, quanto sul piano dei diritti.
Questo non è un processo irreversibile, possiamo fermali, sono deboli, sono una minoranza nella società.
Riprendiamoci i nostri spazi, continuiamo a lavorare per una società aperta, democratica, inclusiva ed egualitaria.

domenica 9 giugno 2019

Recensione a Pasta S., 2018, Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell'odio online, Scholé-Morcelliana, Brescia


Questa recensione è stata pubblicata anche nel n. 1.2019 di Mondi Migranti 

di Antonio Ciniero



Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell'odio online di Stefano Pasta, ricercatore presso il Centro di Ricerca sull’Educazione ai media dell’Informazione e alla Tecnologia (CREMIT) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è un libro che si distingue per l'analisi rigorosa di un tema centrale nella dimensione pubblica e sociale contemporanea, le pratiche e gli atteggiamenti razzisti, che oggi conoscono forme inedite di diffusione tramite l'ambiente digitale, e, fatto abbastanza inconsueto per il panorama degli studi italiani, per l'approccio profondamente interdisciplinare che consente all’autore non solo di analizzare vecchi e odierni razzismi, le loro evoluzioni e trasformazioni nei nuovi contesti offerti dalla rete e dai social, ma anche di proporre percorsi educativi per contrastarne la diffusione e la capacità di far presa soprattutto sui nativi digitali, le cui pratiche di vita sono sempre più il risultato di continue, e non facilmente distinguibili, sovrapposizione tra ambiente di vita reale e ambiente di vita virtuale. È proprio questo approccio, non semplicemente sommativo, in cui convergono differenti prospettive di analisi, da quella sociologica e storica a quella pedagogica, fino alla media education, a permettere all’autore di restituire la complessità del rapporto fra i giovani e i nuovi media, ma anche di indagare in che modo avviene la diffusione dei razzismi e dei discorsi d’odio sulla rete. Un tema questo di fondamentale importanza anche per la stessa vita democratica dei paesi. Tanto l’azione politica, quanto i meccanismi di costruzione del consenso passano, infatti, sempre di più dai nuovi contesti digitali, così come i processi di legittimazione dell’azione politica contemporanea. Si pensi, giusto per fare un esempio tra più lampati, al caso italiano, al modo in cui è stato utilizzato da importanti rappresentanti istituzionali il racconto mediatico della gestione dei processi migratori, soprattutto quello fatto su Facebook tramite lo strumento della diretta, che in alcuni casi addirittura ha sostituito le conferenze stampa come strumento per informare l’opinione pubblica.

sabato 13 aprile 2019

Quando la povertà è trasformata in retorica per legittimare forme autoritarie di potere



di Antonio Ciniero
Il presidente Statunitense Lyndon B. Johnson nel 1964 lanciò un programma con il quale si disse convinto di riuscire ad abolire la povertà entro il 1976; in Italia, evidentemente per non essere da meno, il vice premier Di Maio si è spinto oltre, arrivando a festeggiare sul balcone di palazzo Chigi l'abolizione della povertà lo scorso settembre.

Al di là delle iniziative più o meno propagandistiche e più o meno grottesche che ciclicamente vengo riproposte, stando ai dati, la povertà, non solo non è stata abolita, ma è continuamente aumentata: negli ultimi trent'anni, le vecchie e nuove forme di povertà e le forme di esclusione sociale sono cresciute ovunque nel mondo, sia tra i diversi paesi che all'interno degli stessi paesi. A questo aumento della povertà si è accompagnato un processo politico che ha fatto della  povertà una delle principali leve per costruire consenso elettorale presentando ai poveri quelli ancora più poveri come nemici da cui difendersi.
  
Si tratta di un processo sociale e politico iniziato negli anni Settanta - con l'affermarsi delle dottrine neoliberiste - che oggi fa sì che anche sedicenti intellettuali di sinistra (quelli che parlano di socialismo popolare e nazionalista, di patria e menate simili, che non casualmente sono molto apprezzati dalle forze di estrema destra...) possano giustificare il razzismo e le forme violente contro i più poveri come forme di proteste, tutto sommato accettabili, del "popolo" esasperato. Gli episodi di Torre maura e Castel Bruciato non sono che gli ultimi episodi amplificati mediatamente, tanti, troppi, non arrivano alla ribalta mediatica. Sono episodi che ci dicono molto più rispetto a quanto riportato delle cronache perché sono l’ennesimo indicatore dello sfilacciamento sociale strumentalizzato dalle forze di estrema destra, oggi al governo del nostro paese e in forte ascesa ovunque in Europa, per costruire consenso elettorale e legittimare forme di potere autoritario.

La storia ci ha insegnato che non c'è da aspettarsi nulla di buono quando si trasformano le vittime in carnefici, quando le minoranze sono trasformate in causa dei malesseri sociali, quando si arriva a giustificare il razzismo e la violenza contro i più deboli in nome della retorica della "guerra tra poveri" che cancella responsabilità e ruoli occultando dinamiche di potere.

Stiamo lentamente ma inesorabilmente scivolando verso il baratro, è importante non rassegnarsi a questo status quo. Possiamo e dobbiamo organizzare forme di resistenza culturale e democratica in tutti gli spazi pubblici, dalle strade, ai luoghi di lavoro. Non possiamo più essere silenti di fronte alla barbarie, soprattutto quando questa si presenta in forme banali nella nostra quotidianità: nei treni, negli autobus, nei nostri quartieri, nei servizi pubblici, a tavola mentre magniamo con i nostri amici e parenti.
Come ci ha insegnato Hannah Arendt, il male si presenta sotto le vesti della banalità e noi oggi abbiamo il dovere di non sottovalutarlo, altrimenti ne diventiamo complici.


sabato 9 marzo 2019

L'imbroglio delle espulsioni...



Il ministro dell'Interno si dice orgoglioso di aver "espulso" nel 2019 1354 persone presenti irregolarmente (circa 450 al mese, vale a dire circa 15 al giorno).
Nel 2018 i cittadini stranieri destinatari di un provvedimento di espulsione erano stati 6852 (circa 517 al mese, vale a dire circa 19 al giorno). Più o meno gli stessi del 2017, 6500.
Sostanzialmente la cifra, nonostante l'entusiasmo di Matteo, è rimasta immutata. Quello che il ministro non dice, e che naturalmente non colgono i suoi sostenitori (leghisti o 5 stelle che siano), è il fatto che i cittadini destinatari di provvedimento di espulsione non sono realmente espulsi, ma restano in Italia, condannati all'irregolarità.
Tutto ciò ha, tra gli altri, due effetti:
1) sul piano economico, precarizzare le condizioni di vita dei cittadini stranieri, privandoli di diritti e lasciandoli alla mercé degli interessi di chi costruisce i propri profitti sullo sfruttamento dei lavoratori costretti all'irregolarità.
2) Sul piano politico, facilitare l'adozione di provvedimenti demagoci contro i "pericolosi clandestini" per fare in modo che il "popolo" sia felice che finalmente qualcuno faccia qualcosa, tipo uno sgombero per cacciare i "pericolosi clandestini" che i provvedimenti di cui sopra hanno creato. 
Il fatto che "a sinistra" ci sia chi sottolinea che "loro facevano più espulsioni" e che grazie a "loro si sono firmati gli accordi con la Libia che hanno ridotto gli arrivi in Italia" dà la tara del baratro in cui è sprofondata la cosiddetta sinistra istituzionale nel nostro paese.

martedì 26 febbraio 2019

Arrivi/morti in Europa (gennaio – febbraio 2018/2019). Un tragico confronto


di Antonio Ciniero

Confrontando i dati sugli arrivi/decessi in Europa di quest’anno con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso emerge che, in generale - in linea con quanto era accaduto l’anno scorso rispetto al 2017 - si continua a registrare il calo del numero degli arrivi. Se gli arrivi calano, non diminuisce però la probabilità di morire durante la traversata del Mediterraneo che anzi è aumentata di circa 10 volte. Se la probabilità di morire nel tentativo di raggiungere l’UE è una delle conseguenze della politica delle frontiere chiuse, avviata a livello europeo con l’adozione degli accordi Schengen, l’aumento di tale probabilità è invece una delle conseguenze della guerra dichiarata alle operazioni di salvataggio delle vite in mare. Una guerra avviata a livello europeo, prima, con gli attacchi alle operazioni di salvataggio della Marina Militare Italiana, in particolare all’operazione Mare Nostrum e proseguita poi con la guerra alle Ong,  un vero e proprio attacco alla solidarietà e al diritto/dovere di salvare vite in mare, iniziata dal Ministro Minniti e portata avanti, in piena continuità, dall’attuale inquilino del Viminale.

Nell’info grafica che segue (fonte UNHCR) ci sono i dati per il periodo che va dal 1 gennaio al 24 febbraio 2019
In tutto il Mediterraneo i morti sono stati 207, lungo la rotta del Mediterraneo centrale sono stati 144.