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martedì 21 novembre 2017

Alcune considerazioni in risposta ad una lettera aperta

Il prossimo 22 e il 23 novembre si svolgerà, a Lecce, un convegno sul tema dell’inclusione, esclusione e diseguaglianze sociali che investono i gruppi rom, organizzato dall’International Centre of Interdisciplinary Studieson Migrations e dal Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell'Università del Salento.
Il convegno sarà dedicato alla riflessione sugli effetti innescati dalle politiche, dagli interventi pubblici (e non pubblici) e dai processi socio economici sulle dinamiche di inclusione/esclusione dei gruppi rom. A tal fine, il comitato scientifico ed organizzativo del convegno ha individuato studiosi, esperti e attivisti – rom e non rom – che sul tema conducono da anni lavori di fondamentale importanza per il dibattito pubblico e scientifico, e rappresentanti istituzionali.  Di particolare interesse gli interventi di operatori culturali e artisti, tra cui quello di Claudio Cavallo Giannotti, fondatore del gruppo musicale Original Mascarimirì, discendente di un’antica famiglia rom e coautore del film Gitanistan - Lo Stato immaginario delle famiglie rom salentine, che ha saputo declinare inedite narrazioni raccontando come, sul territorio della provincia di Lecce, si sono storicamente articolati i processi di interazione tra famiglie rom e famiglie non rom. Sebbene, infatti, in vari ambiti prevalga una visione che essenzializza e reifica l’immagine dei gruppi rom secondo un copione culturale che ascrive caratteristiche quasi fisse e immutabili ad una presunta cultura rom, la storia dei diversi gruppi rom è una storia profondamente connessa con quella dei luoghi in cui hanno vissuto, ed è una storia di reciproca influenza e interazione, una storia che ha preso direzioni diverse (persecuzione, esclusione, assimilazione, scambio), proprio a seconda della diversità dei contesti e delle politiche e degli interventi (pubblici e non) in quei contesti adottati.

sabato 11 novembre 2017

Inclusione, esclusione e diseguaglianze sociali dei gruppi rom. Convegno all'Università del Salento





Si svolgerà il prossimo 22 e 23 novembre, a Lecce, presso l’aula Ferrari di Palazzo Codacci Pisanelli (Piazzetta Arco di Trionfo 1), un importante convegno sul tema dell’inclusione, esclusione e diseguaglianze sociali che investono i gruppi rom in Italia. Al centro della riflessione del Convegno, Organizzato dall’International Centre of Interdisciplinary Studieson Migrations e dal Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell'Università del Salento, gli effetti e le dinamiche innescate dalle politiche, dagli interventi pubblici e dai processi socio economici
Al convegno parteciperanno studiosi, esperti e attivisti, che sul tema conducono da anni lavori di fondamentale importanza per il dibattito pubblico e scientifico, e rappresentanti istituzionali. Non mancheranno operatori culturali e artisti che hanno saputo declinare inedite narrazioni sul tema.
Tra gli altri, ci saranno gli interventi di: Tommaso Vitale (Science-Po, Parigi), Stefano Pasta (Università Cattolica Sacro Cuore di Milano), Roberto Bortone (Unar), Luca Bravi (Univerisità di Firenze), Carlo Stasolla (21 Luglio), Valeria De Martino (Istat) (il programma completo in locandina). 


Tra gli interventi programmati, hanno al momento confermato la loro presenza: l'associazione Alteramente, Claudio Cavallo degli Original Mascarimirì, autore del film Gitanistan - Lo Stato immaginario, Luciana Rinaldi... e siamo in attesa di tante altre qualificate presenze!

Per restare aggiornati sui dettagli e gli aggionrmenti sul programma cliccare qui

mercoledì 27 settembre 2017

Informazione, processi di etnicizzazione e decisioni politiche. I rischi di una spirale viziosa




di Antonio Ciniero


Quella che segue è la Postfazione alla ricerca Non dire rom curata da Roberto Mazzoli per l’Associazione 21 Luglio. Per scaricare la ricerca completa cliccare qui.


Dieci anni fa, nella stazione romana di Tor di Quinto, veniva brutalmente uccisa la signora Giovanna Reggiani. Questo doloroso avvenimento di cronaca ha segnato il momento in cui, in Italia, la cosiddetta “questione rom” è tornata a essere declinata con grande eco nel discorso pubblico, tanto sul piano della comunicazione mediatica, quanto su quello del dibattito politico. L’edizione on line del Corriere della Sera – solo per citare un esempio tra tanti – per raccontare l’episodio sceglieva il titolo Giovanna Reggiani è morta, preceduto dall’occhiello Orrore a Roma: saranno abbattute le baracche abusive a Tor di Quinto. Ad accompagnare le foto delle operazioni di polizia, la didascalia Seviziata da rom, controlli nel campo nomadi. [1] Il fatto che a commettere l’omicidio fosse un ventiquattrenne con cittadinanza romena, residente da qualche mese all’interno di un campo informale che sorgeva nei pressi della stazione di Tor di Quinto, amplificò con forza il clamore suscitato dalla notizia, facendo sì che l’episodio travalicasse rapidamente gli steccati della cronaca nera, assumendo, sin da subito, una forte connotazione politica e, a tratti, anche strumentalmente ideologica, che animò il dibattito nell’intero paese.
Il giorno seguente l’omicidio, il sindaco di Roma, Walter Veltroni, da poco divenuto il primo segretario del Partito Democratico, lanciava un allarme sicurezza che avrebbe condizionato non solo l’agenda politica del governo della città di Roma, ma anche quella del governo nazionale, allora presieduto da Romano Prodi, che, proprio sulla spinta di quel fatto di cronaca, convocò il Consiglio dei Ministri che introdusse limitazioni all’ingresso e al soggiorno in Italia per i cittadini romeni, da pochi mesi divenuti cittadini comunitari.[2] Qualche mese dopo, nel maggio del 2008, il nuovo governo con maggioranza di centro-destra, guidato da Silvio Berlusconi, emanava un decreto con il quale si sanciva in Italia l’esistenza di un’“emergenza nomadi”. [3] Quel decreto diede poteri speciali ai prefetti di Roma, Napoli e Milano per affrontare la presunta emergenza e diede loro, tra l’altro, la possibilità di gestire ingenti somme di denaro pubblico in deroga alle procedure ordinarie previste dalle leggi.[4] Si tratta di un esempio, forse il più eclatante, in cui racconto mediatico e decisioni pubbliche si sono condizionati vicendevolmente in modo perverso.

martedì 18 luglio 2017

Processo Sabr, in Italia esiste la schiavitù!

(Giovani lavoratori sulla strada verso il "ghetto" - ph. I. Papa)


di Antonio Ciniero


già pubblicato in sbilanciamoci.info


In Italia ci sono uomini ridotti in schiavitù. Parte del lavoro agricolo stagionale del nostro paese, quello che fa crescere il nostro PIL, che permette l’esportazione e il consumo dei prodotti del made in Italy sulle tavole nostre e su quelle di mezza Europa, si basa anche su un lavoro “schiavile”. A sostenerlo non è uno dei tanti allarmi lanciati da qualche inchiesta giornalistica, non è la presa di posizione di una ONG o sigla sindacale. La riduzione in schiavitù è stata contesta come reato a 11 imputati dalla sentenza pronunciata il 13 luglio scorso dai giudici della Corte di Assise del Tribunale di Lecce nel processo nato dall’inchiesta denominata Sabr, dal nome di uno dei caporali che organizzava buona parte del lavoro agricolo stagionale nel territorio di Nardò, in provincia di Lecce.

lunedì 3 luglio 2017

MASCARIMIRÌ, COME LEGGE! PERCORSI SCOLASTICI, IDENTITÀ E RIELABORAZIONE DELLE APPARTENENZE CULTURALI NEL RACCONTO INTERGENERAZIONALE DI UNA FAMIGLIA ROM DELL’ITALIA MERIDIONALE. NOTE SU UN’INDAGINE IN CORSO

Memorie
Autore: Lucio de Salvatore
    
di Antonio Ciniero
Abstract

Nel Salento presenze rom sono attestate almeno dal XVI secolo e ancora oggi nel territorio della provincia di Lecce vive un cospicuo numero di famiglie di origine rom. La storia dei gruppi rom residenti nel Salento è profondamente intrecciata con quella del territorio. Questo saggio, attraverso l’analisi di fonti storico-antropologiche e interviste etnografiche, descrive i processi di scambio e interazione tra una famiglia rom e il più ampio contesto socio-economico in cui è inserita, con una particolare attenzione al ruolo svolto dai processi di scolarizzazione.

Parole chiave: Rom, Salento, scolarizzazione, identità, appartenenza culturale


In Salento, presences of the Roma people has bee formally recorded since the 16th century, and still today a large number of Roma origins families is living there. Their history is deeply intertwined with the local one. Through the analysis of historical and antropological sources and ethnographic interviews, this paper describes the processes of exchange and interaction between a Roma family and the broader socio-economic context, with a particular attention to the role of schooling processes.

Keywords: Roma, Salento, schooling processes, identity, cultural affiliation



Introduzione     
La storia dei diversi gruppi rom è profondamente connessa con quella dei luoghi in cui hanno vissuto. Le relazioni storicamente sviluppatesi tra rom e non rom hanno nel tempo assunto forme differenti (persecuzione, esclusione, assimilazione, scambio), secondo i contesti geografici e delle politiche pubbliche vigenti in quei luoghi (Piasere 2004).

giovedì 29 giugno 2017

Chiudere i porti alle navi delle ONG è inumano!




Sbarco nel porto di Pozzallo, nel 2016, di 433 migranti salvati dall’Ong Moas e dalla Croce Rossa a bordo della nave Topaz Responder 

di Antonio Ciniero

È davvero deprimente leggere oggi le prime pagine dei giornali Italiani. Su tutte campeggia la proposta del governo italiano di chiudere i porti alle navi delle ONG che salvano vite in mare condannate a morte quasi certa dalle leggi migratorie italiane ed europee.

L’arrivo di 12 mila persone non è un emergenza, né tantomeno è un evento inatteso in un periodo in cui le condizioni meteorologiche facilitano, per quello che è possibile, la possibilità della traversata in mare.

Entro fine anno, gli arrivi via mare in Italia saranno circa 200 mila, al netto delle persone che purtroppo continueranno a morire (l’anno scorso gli arrivi sono stati circa 180 mila).

La previsione dell’arrivo di circa 200 mila persone non esce da qualche speciale cilindro, è semplicemente la capacità che riesce a garantire il sistema dei viaggi irregolari sui barconi così come oggi è configurato dalle leggi che regolano le modalità di ingresso sul territorio italiano.

Sono cose note e non da oggi! E dovrebbero essere tali anche agli esponenti dell’attuale governo! Di conseguenza, se la proposta di chiudere i porti vuole essere una misura per fronteggiare un’emergenza inesistente, il governo italiano semplicemente dimostra la sua totale inadeguatezza a far fronte ad un fenomeno che si ripete identico a se stesso da almeno sei anni!

Se invece la proposta di chiudere i porti è dettata da logiche elettoralistiche (ricerca di consenso) o da un tentativo di ridefinire rapporti politici di forza all’interno dell’Ue, allora, questa proposta è l’ennesimo gioco sporco fatto sulla pelle delle persone! Così come lo era stato l’attacco del procuratore Zuccaro alle ONG, anche in quel caso del tutto privo di fondamento.
Uomini, Donne e bambini, ridotti, cinicamente, a pedine da sacrificare sullo scacchiere della politica interna e internazionale.

Tutto ciò è indegno di un paese democratico. Di più, tutto ciò è inumato.




lunedì 26 giugno 2017

Il comune di Foggia minaccia nuovamente di sgomberare il “ghetto bulgaro”


foto: Ilaria Papa



di Antonio Ciniero


Cosa fa un’istituzione di un paese democratico quando centinaia di braccianti, uomini e donne, sono costretti a vivere in condizione di estrema vulnerabilità?
Cosa fa un’istituzione di un paese democratico quando uomini e donne sono sfruttati in condizioni inumane sui campi agricoli per raccogliere i prodotti che verranno consumati sulle tavole di mezza Europa e faranno crescere il PIL dell’agricoltura italiana?
Cosa fa un’istituzione di un paese democratico quando una madre e un padre sono costretti a portare con sé il/la proprio/a figlio/a in un baraccopoli insalubre pur di garantirli un tozzo di pane?   

Semplice, per decenni finge di ignorare il tutto e poi, coerentemente, finge di affrontare la questione tirando fuori la sempre inutile soluzione “emergenziale”!

Questo è quanto ad oggi sembra stia per fare il Comune di Foggia con il cosiddetto ghetto bulgaro. In questi giorni il Comune - in realtà ci aveva già provato qualche mese fa, ma invano - sta riproponendo lo stesso atteggiamento demagogico che hanno adottato nel corso degli anni la gran parte delle amministrazioni locali italiane quando si sono trovate di fronte alla necessità di prendere provvedimenti per affrontare emergenze sociali (soprattutto se queste emergenze sociali riguardavano le condizioni di vita di cittadini rom in condizione di grave esclusione sociale e di estrema povertà).

Anziché attrezzarsi, per tempo e di concerto con gli altri attori istituzionali e non, per dare risposte solidali si preferisce seguire la via più breve, quella che criminalizza la povertà e l’esclusione sociale. Quella che cerca di trasformare, in maniera subdola, le vittime in carnefici.
Quando questo processo è confezionato per bene, può essere dato in pasto ai media e si può emanare una bella ordinanza di sgombero, tonto inutile quanto dannosa.

Se anche il comune di Foggia questa volta riuscisse a portare a termine lo sgombero, non serve certo la palla di cristallo per sapere che l’azione non avrà alcuna efficacia. A pagare il prezzo più alto, come al solito, saranno i più deboli: il ghetto continuerà ad esistere, al massimo si sposterà solo di qualche metro, i braccianti continueranno ad essere sfruttati, i diritti umani continueranno ad essere sospesi. Poi, l’anno prossimo, si comincerà nuovamente daccapo, con la stessa ipocrisia che in Italia accompagna queste operazioni da oltre trent’anni…




domenica 18 giugno 2017

Lo ius soli è un diritto: non è procrastinabile, né si può temperare!


Photo credit: contrordino.it



di Antonio Ciniero


In Italia sono oltre un milione e duecentomila i ragazzi e le ragazze senza la cittadinanza italiana che hanno meno di vent’anni. Ragazze e ragazzi nati in Italia, oppure arrivati da piccolissimi, alcuni addirittura figli di genitori nati in Italia, che per lo stato italiano sono stranieri.  Ragazzi e ragazze che, in moltissimi casi, non si sono mai spostati dal suolo italiano, nemmeno per un solo giorno, la cui permanenza in Italia è sottoposta ai dettami di quanto previsto dal Testo Unico sulle Migrazioni.

Il dibattito sullo ius soli di questi giorni, la bagarre scoppiata in Senato a causa dei senatori leghisti, l’astensione del movimento cinque stelle, sin dalla sua fondazione su posizioni dichiaratamente xenofobe e razziste (mi pare sia l’unico partito in Italia che preveda il possesso della cittadinanza italiana come requisito per potervi aderire), le manifestazioni fuori da Palazzo Madama organizzate della galassia della destra neofascista italiana, la timida proposta politica - e per molti versi limitata - elaborata dall’attuale maggioranza danno la tara del ritardo storico accumulato dal nostro paese, nonché, diciamolo chiaramente, della totale inadeguatezza dell’attuale compagine politica, e delle precedenti, nell’affrontare temi importanti, epocali, come lo sono quelli legati l’allargamento dei diritti (sociali, civili e politici) a coloro che ne sono privi, a cittadini che, allo stato attuale, vivono, in diversi ambiti, un’apartheid di fatto.

Le motivazioni addotte da chi oggi osteggia l’approvazione della proposta di legge sullo ius soli non hanno ragion d’essere. La paventata paura dell’arrivo massiccio di puerpere sulle coste italiane, l’artata confusione tra allargamento del diritto di cittadinanza e diminuzione dei diritti dei lavoratori, lo spauracchio del terrorismo e della sicurezza, immancabile tema che accompagna il discorso pubblico e le leggi sulle migrazioni nel nostro paese sin dal 1986 (anno della prima legge in materia), hanno polarizzato il dibattito pubblico in due fazioni contrapposte: chi osteggia e contrasta l’adozione del provvedimento sullo ius soli in virtù di argomentazioni che affondano le radici culturali nel retaggio del pensiero colonialista e razzista italiano, mai adeguatamente rielaborato (il primato del sangue, della nazione, del popolo, della cultura), e chi si fa portatore di istanze che rivendicano uno ius soli a metà, pensando di legare e subordinare un diritto fondamentale come quello di cittadinanza alla condizione amministrativa di soggiorno dei genitori del nascituro o a requisiti “culturali” fissati per legge.