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lunedì 22 agosto 2016

Migranti economici e migranti politici:
retoriche di una distinzione

Antonio Ciniero



La distinzione tra migrazioni economiche e migrazioni politiche, soprattutto nel discorso pubblico europeo degli ultimi anni, tende ad essere presentata, sempre più spesso, non solo come una definizione giuridica o analitica ma come una distinzione sulla base della quale differenziare i migranti "meritevoli” da quelli “non meritevoli”, quelli da accogliere dai migranti da respingere.[1] Ma siamo sicuri che negli attuali flussi migratori diretti in Europa sia possibile distinguere nettamente le migrazioni politiche da quelle economiche? Siamo sicuri che le vite dei soggetti siano incasellabili rigidamente nei percorsi che le normative nazionali e internazionali (e non solo le normative) pensano come radicalmente alternativi ed esclusivi? E, in seconda battuta, siamo sicuri che anche laddove un soggetto venga riconosciuto come migrante politico, quindi “meritevole” di accoglienza, il sistema pensato dai singoli stati e dall’Unione Europea sia realmente in grado di garantire accoglienza e inclusione?

Migrazioni politiche e migrazioni economiche
Nel concreto articolarsi dei processi migratori non c’è mai un solo fattore che porta ad emigrare. Esiste sempre un complesso insieme di concause difficili da districare, e così un singolo, a prescindere da quello che prevedono le normative, può ritrovarsi contemporaneamente ad essere alla ricerca del lavoro e del riconoscimento dello status di rifugiato. I processi migratori che, almeno dal 2011, stanno interessando l’Europa lo mostrano in maniera esplicita.