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sabato 11 novembre 2017

Inclusione, esclusione e diseguaglianze sociali dei gruppi rom. Convegno all'Università del Salento





Si svolgerà il prossimo 22 e 23 novembre, a Lecce, presso l’aula Ferrari di Palazzo Codacci Pisanelli (Piazzetta Arco di Trionfo 1), un importante convegno sul tema dell’inclusione, esclusione e diseguaglianze sociali che investono i gruppi rom in Italia. Al centro della riflessione del Convegno, Organizzato dall’International Centre of Interdisciplinary Studieson Migrations e dal Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo dell'Università del Salento, gli effetti e le dinamiche innescate dalle politiche, dagli interventi pubblici e dai processi socio economici
Al convegno parteciperanno studiosi, esperti e attivisti, che sul tema conducono da anni lavori di fondamentale importanza per il dibattito pubblico e scientifico, e rappresentanti istituzionali. Non mancheranno operatori culturali e artisti che hanno saputo declinare inedite narrazioni sul tema.
Tra gli altri, ci saranno gli interventi di: Tommaso Vitale (Science-Po, Parigi), Stefano Pasta (Università Cattolica Sacro Cuore di Milano), Roberto Bortone (Unar), Luca Bravi (Univerisità di Firenze), Carlo Stasolla (21 Luglio), Valeria De Martino (Istat) (il programma completo in locandina). 


Tra gli interventi programmati, hanno al momento confermato la loro presenza: l'associazione Alteramente, Claudio Cavallo degli Original Mascarimirì, autore del film Gitanistan - Lo Stato immaginario, Luciana Rinaldi... e siamo in attesa di tante altre qualificate presenze!

Per restare aggiornati sui dettagli e gli aggionrmenti sul programma cliccare qui


La questione della definizione categoriale di chi possa essere o meno considerato rom non ha una soluzione condivisa, né sul piano degli studi scientifici, né su quello della definizione politico-legislativa. Non esistono criteri oggettivi per determinare chi sia rom e chi non lo sia: esistono paesi in cui i rom sono riconosciuti come minoranza e altri in cui non lo sono; non tutti coloro che si autodefiniscono o sono definiti rom parlano la stessa lingua, o condividono una religione comune; inoltre i gruppi rom hanno provenienze geografiche diverse, così come molto diverse sono le condizioni socio-economiche o i livelli di scolarizzazione. Anche i tassi di partecipazione alla vita politica dei paesi nei quali vivono cambiano sensibilmente, sia in termini di partecipazione attiva che passiva.
Nonostante questa varietà, considerare i rom come appartenenti a gruppi etnici e/o con caratteristiche culturali comuni e rigidamente definite è stato e continua ad essere un approccio piuttosto diffuso in parte della letteratura sul tema e, soprattutto, nell’azione politica che le istituzioni pubbliche mettono in campo. D’altro canto, il processo di costruzione di un’immagine più o meno omogenea - in alcuni casi essenzialista - con cui viene identificata la cultura rom, iniziato nel Settecento con la diffusione delle teorie sull’origine indoariana del romanes,  continua ancora oggi a condizionare, in particolare, il discorso pubblico sui rom. È un discorso alla cui formazione partecipano, a diversi livelli, molti attori: politici, rappresentanti istituzionali, attivisti, associazioni, media, artisti e rappresentanti delle élites romanì.
Questo tipo di definizione culturalista, in Italia più che altrove, ha influenzato l’azione politica delle istituzioni pubbliche e delle organizzazioni sociali. È il caso delle leggi regionali che dagli anni Ottanta hanno istituito in diverse regioni italiane aree sosta da destinare alla residenza esclusiva dei rom, o anche l’istituzione negli anni Settanta delle classi lacio drom, classi speciali, destinate esclusivamente a bambini rom e sinti, soppresse definitivamente solo nel 1982. Il condizionamento culturalista dell’azione politica non è però solo un retaggio del passato, continua, sotto diverse forme ad essere riproposta anche oggi.
Tra le ricadute maggiormente contradditorie di questo tipo di approccio, c’è la ridefinizione, su un piano di presunte differenze culturali, di ciò che in molti casi è invece conseguenza di diseguaglianze sociali, reiterate per generazioni, in parte incentivate o mantenute proprio dagli interventi politici, si pensi all’esclusione sociale di chi vive all’interno dei campi istituzionali, in particolare di chi vi è nato e cresciuto. In non poche occasioni, le difficoltà di accesso a lavoro, all’abitazione o ai servizi, anziché essere affrontate partendo dalle dinamiche socio-economiche in cui prendono forma, vengono aprioristicamente ascritte a stili di vita e modelli comportamentali che si inscriverebbero in un approccio culturalmente diverso che caratterizzerebbe i rom.
Il superamento della visione culturalista, tanto sul piano dell’azione politica, quanto su quello degli studi in materia, è uno dei presupposti necessari per ricondurre l’analisi relativa ai processi di inclusione/esclusione dei gruppi rom nel più generale contesto in cui tali processi prendono forma.


1. L’economia e le società attuali sono caratterizzate da meccanismi che producono straordinari incrementi della ricchezza e, nello stesso tempo, processi di impoverimento, che riguardano segmenti sempre più ampi della popolazione mondiale. È nell’ambito di questo processo generale che sorgono le specifiche forme di diseguaglianze che colpiscono una parte consistente dei cittadini di origine rom. Se si fa riferimento alle dinamiche delle diseguaglianze negli ultimi decenni si osserva un andamento peculiare:

a.    all’indomani della Seconda Guerra Mondiale le dinamiche più preoccupanti dei fenomeni di diseguaglianza emergevano nel rapporto tra paesi avanzati e paesi in via di sviluppo: se nei primi le diseguaglianze diminuivano progressivamente, aumentavano quelle tra paesi ricchi e paesi poveri;
b.   gli ultimi decenni hanno visto un aumento delle diseguaglianze tra paesi avanzati e paesi definiti arretrati, ma hanno al contempo evidenziato una significativa crescita delle diseguaglianze anche all’interno dei paesi più ricchi;
c.    inoltre, i processi di impoverimento e le diseguaglianze hanno assunto la forma di una drammatica riduzione delle opportunità, poiché ai gap di natura produttiva e tecnologica si sono aggiunti gli effetti negativi determinati da un progressivo peggioramento delle condizioni sociali (emergere e consolidarsi di regimi autoritari, riduzione della sicurezza sociale, basso livello di mobilità, acuirsi delle contrapposizioni violente, ecc) e da depauperamenti dell’ambiente naturale, tali da rendere difficile anche la sopravvivenza di tipologie produttive tradizionali.   

La relazione tra incremento dei fenomeni migratori e queste dinamiche è stata empiricamente dimostrata, come è stato dimostrato che i meccanismi di rifiuto e di esclusione tendono a proliferare e a diffondersi rapidamente (anche per convenienze politiche) in società coinvolte da crisi economiche, da riduzioni delle politiche di welfare e da un aumento complessivo dell’incertezza sociale. Come spesso succede, analisti e policy-maker tendono a concentrare la loro attenzione sugli aspetti di superficie, ignorando la loro radici nelle dinamiche delle strutture economiche della società contemporanea, in base all’idea che vanno, in primo luogo, affrontati i fenomeni di crisi.

 Il rischio che emerge da una tale visione è quello di considerare separatamente i fenomeni di diseguaglianza e esclusione, trascurando o sottovalutando il sostrato comune su cui essi crescono (anche in forme diverse) e si sviluppano. Ovviamente, ogni situazione di crisi va affrontata tempestivamente e con razionalità, ma se non si recupera una visione d’assieme, che la collochi in un contesto analitico corretto  che orienti politiche appropriate e non di breve periodo, si rischia di cadere nei circoli viziosi tipici delle logiche emergenziali: ogni fenomeno di crisi sollecita misure urgenti; queste standardizzano e rendono automatici attitudini e comportamenti; lo squilibrio da emergenza si trasforma in un dato endemico favorito dalla permanenza dei fattori che l’hanno prodotto (che non sono affrontati dalle politiche emergenziali) e dalla visione adottata per spiegarli e per risolverli. 

2. Anche l’esclusione sociale che colpisce parte dei rom dunque è, in primo luogo, una questione di politica sociale e come tale andrebbe affrontata. Le risposte dovrebbero essere trovate in politiche di welfare universalistiche. Politiche di contrasto alla povertà, accesso all’edilizia residenziale pubblica, forme di sostegno all’affitto, formazione professionale, sostegno alla scolarizzazione fino ai livelli più alti, forme di protezione sociale conseguenti la perdita del lavoro, riqualificazione professionale: sono solo alcune delle strade che si potrebbero perseguire per incentivare percorsi di inserimento sociale e realizzazione individuale. Si tratta di interventi politici che, per essere implementati, richiedono però, oltre che un cambio di prospettiva, un ribaltamento delle logiche economiche che sottendono il processo di contenimento della spesa sociale, oggi perseguito tanto a livello nazionale che internazionale.

Il convegno, partendo da esperienze di ricerca mira a ricostruire, discutere e analizzare criticamente i diversi fattori che hanno favorito o, al contrario, scoraggiato l’emergere dei processi di esclusione e/o inclusione sociale dei singoli cittadini di origine rom e/o di gruppi rom.

In particolare, si intende analizzare e discutere i seguenti aspetti:

·      Gli interventi pubblici, rivolti ai gruppi rom, (messi in campo sia dalle istituzioni che dal terzo settore) nei diversi paesi europei: politiche di welfare, programmi di inclusione sociale sperimentali e/o a regime, iniziative del terzo settore.
·      I risultati raggiunti in diversi ambiti (abitazione, lavoro, salute, istruzione…) dalle politiche specificamente rivolte ai rom comparate con quelli raggiunti attraverso politiche di welfare universalistico.
·      Le cause e i fattori socio-economici che condizionano i processi in esclusione/inclusione dei gruppi e dei singoli. 
·      Le dinamiche e gli effetti innescati dai processi migratori che hanno coinvolto i gruppi rom e i singoli rom.
·      I processi di interazione e scambio tra gruppi rom (e singoli) con il resto delle società maggioritaria.

Tra gli obiettivi che il convengo si pone c’è anche quello di individuare possibili orientamenti e strategie politiche di medio periodo attraverso cui affrontare (anche secondo una logica di sperimentazione sociale aperta al contributo di tutti gli attori coinvolti) il contrasto ai processi di esclusione sociale vissuti dai rom.







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