La vicenda della casa nel bosco. Quando l’antiziganismo trova declinazione tanto a destra, quanto a sinistra…
Da diversi giorni osservo, soprattutto dalla mia bolla social, il dibattito – ma forse sarebbe più corretto dire il ciarlare – che si è aperto a proposito della vicenda che viene identificata sui media come “il caso della famiglia/casa nel bosco”.
Il racconto della vicenda è quasi sempre fatto sulla base di una retorica argomentativa tutta incentrata sulla contrapposizione tra chi sostiene e chi avversa la decisione presa dal Tribunale dei minori dell'Aquila. Mi pare che il dibattito abbia avuto una significativa polarizzazione da quando anche esponenti politici hanno preso parola sul tema…
Le motivazioni di chi sostiene l’una o l’altra “fazione”, si sa la riduzione di complessità e lo scontro agevola la condivisione di una notizia, sono le più diverse … Tra le argomentazioni che ho potuto leggere, una più delle altre ha attirato la mia attenzione: il parallelismo che viene da più parti avanzato tra condizione dei “bambini rom” e quella dei bambini della “famiglia/casa nel bosco”. Mi ha colpito perché è l’ennesima riproposizione di un radicato pregiudizio antizigano che pervade i discorsi e le pratiche tanto di chi esprime posizioni reazionarie, quanto di chi sia convinto di avere posizioni progressiste e di sinistra.
Semplificando, a destra trovo questa argomentazione: “alla famiglia nel bosco hanno sottratto i minori perché i giudici non accettavano il loro stile di vita libero e in sintonia con la natura, volevano mettere bocca su come educare i propri figli, mentre ai rom che fanno vivere i figli nei campi, in mezzo all’immondizia, che mandano i bambini a rubare invece che farli frequentare la scuola, i figli non vengono sottratti”.
In area progressista invece circola più o meno questa argomentazione: “non è vero che i bambini rom non vengano allontanati, quando i genitori li fanno vivere in condizioni pietose e senza istruzione vengono allontanati dalle loro famiglie. La vera domanda è: perché le centinaia di volte che è successo a coppie rom non era, per voi, un “attacco alla libertà di pensiero” e alla “famiglia”? Forse perché il rom non coincide col prototipo di bianco occidentale?”
Entrambe queste posizioni, che più o meno sintetizzano le diverse gradazioni del discorso antizigano che si possono leggere sull’argomento, hanno come sostrato l’idea, tacitamente accetta, che:
- esista uno stile di vita rom e che questo preveda un rapporto educativo peculiare ascrivibile proprio all’essere rom e che questo stile “non coincida col prototipo di bianco occidentale”;
- i bambini rom vivano nei campi in condizioni degradanti per scelta dei loro genitori;
- i rom non mandino i figli di scuola.
Ora, lascio perdere le argomentazioni dei destrorsi, ma almeno chi si dice progressista e di sinistra dovrebbe provare ad andare al di là del senso comune, magari guardando al di là del proprio naso!
Innanzitutto, dovrebbe essere noto, ma viste certe affermazioni giova ripeterlo, che la stragrande maggioranza dei minori rom non vive affatto in condizioni degradanti, a vivere in condizioni degradanti, non per scelta dei genitori, ma delle nostre istituzioni, sono una parte dei minori costretti a vivere nei campi. Se si confonde una parte con il tutto, non si capisce di cosa si sta parlando.
Le condizioni degradanti che vive una parte minoritaria (anche se significativa) di minori rom, dunque, non discende dal presunto stile di vita rom non conciliabile con il “prototipo di bianco occidentale”, ma dal vivere all’interno di luoghi segreganti che producono e riproducono strutturalmente dinamiche di esclusione sociale, tali luoghi, noti come campi rom, campi sosta, campi nomadi… sono stati prima costruiti e/o attrezzati e poi gestisti dalle istituzioni. Così come pure, molti degli allontanamenti dei minori rom dalla scuola negli ultimi anni sono stati conseguenza, non di una scelta dei genitori, ma di sgomberi forzati operati dalle istituzioni che non hanno offerto una alternativa alle famiglie e ai minori che pure avrebbero dovuto tutelare.
Ridurre la vita delle persone a strumento retorico delle vostre argomentazioni, contribuendo a diffondere pregiudizi, non fa di voi paladini della diversità, ma solo amplificatori di antiziganismo. Prima di dire idiozie, meglio informarsi, o, ancora meglio, fatevi una chiacchierata con chi ritenete “il non prototipo di bianco occidentale” giusto per capire quanto sia più o meno lontano dalla realtà quello che voi avete in mente! Magari così scoprirete che la stragrande maggioranza dei rom e dei sinti che vivono in questo paese (tra l’altro giusto da qualche secolo, almeno dal 1422) non vivono nei campi, i loro figli frequentano le scuole di ogni ordine e grado, frequentano le università. Magari scoprirete anche che nelle scuole frequentate dai vostri figli non solo ci sono loro compagni rom, ma che qualche loro insegnante è rom e semplicemente voi non lo sapete perché, se un rom non si comporta come voi pensate di debba comportare un rom, semplicemente non lo riconoscente…
Sono stati questi pregiudizi che nel passato recente hanno posto le basi affinché si innescassero quelle dinamiche di esclusione cristallizzate e riprodotte dai campi che, tra le altre cose, hanno contribuito a produrre uno stigma che nell’immaginario di molti, troppi, coincide con “lo stile di vita dei rom percepito come lontano dallo stile di vita del bianco occidentale”.
La realtà è più complessa del modo in cui i pregiudizi la dipingono e, soprattutto, per non cadere nella trappola del razzismo differenzialista dovremmo ricordarci che spesso si prova a far passare per delle “accettabili differenze culturali”, quelle che sono in realtà inaccettabili ineguaglianze sociali!