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lunedì 25 agosto 2025

Jerry Essan Maslo. Una storia italiana

 


di Antonio Ciniero

La notte tra il 24 e il 25 agosto veniva assassinato Jerry Essan Maslo. 

Alla vicenda di Masslo, le teche rai hanno dedicato uno spazio che raccoglie interviste e spezzoni di programmi dell’epoca che parlarono della vicenda. Il titolo è infelice “La guerra di Masslo” (Masslo non ha fatto una guerra, semmai la guerra è stata fatta a Masslo e ai tanti che hanno provato a costruire un futuro lontano dal posto in cui sono nati da leggi ingiuste e liberticide), ma i materiali sono interessanti. 

Se avrete la pazienza di vederli e ascoltarli vi sembrerà di vivere un déjà vu, oltre che la storia Masslo, dell’Italia di quell’epoca, vedrete molto di quello che ancora oggi accade. 


Qui il link al sito della rai

“Il mio problema, il mio vero problema è che quello che ho sperimentato in Sudafrica non voglio vederlo qui in Italia.  È proprio qualcosa che sta accadendo qui in Italia. Nessun nero, nessun africano dimentica che cos’è il razzismo. E io l’ho sperimentato qui, è una cosa inaccettabile. Se sei in Africa puoi pensare che gli italiani siano molto buoni, ma se vieni qui in Italia, io ho visto proprio con i miei occhi cose che non dovrebbero accadere qui in Italia.

In questo paese io non posso avere nessuna speranza, voglio andare in un paese dove possa stabilirmi e poi tornare nel mio paese, se potessi, tornerei anche subito. Anche perché ho visto che qui le cose non vanno! Qualsiasi nero, qualsiasi africano non può sopportare questa situazione, non può capire il razzismo. Noi siamo tutti uguali, abbiamo lo stesso cervello, lo stesso sangue”


Sono le parole che Jerry Essan Masslo aveva rilasciato qualche mese prima del suo assassino al giornalista Massimo Ghirelli per la rubrica “Non solo nero”. 



Jerry Essan Masslo era fuggito dal sud africa perché avevano ammazzato suo padre e sua figlia, era venuto in Italia per trovare protezione, ma vi trovò la morte. Una morte violenta, per mano di quattro giovanissimi criminali: Giovanni Florio, di 19 anni, Michele Losapio, di 21 anni, e i fratelli Caputo, Giuseppe, di 21 anni, e Salvatore, addirittura minorenne. 

I quattro giovani incappucciati fecero irruzione con armi e spranghe di ferro nel capannone dove Masslo e altre 28 persone stavano dormendo chiedendo che gli venissero consegnati tutti i soldi che avevano addosso.

I quattro avevano scelto deliberatamente di rapinare i lavoratori stranieri, erano per loro le vittime perfette, sapevano che non avrebbero potuto denunciare per paura di essere espulsi. Non era la prima volta che rapinavano i lavoratori che tornavano ai loro precari giacigli dopo una faticosa giornata trascorsa sui campi a raccogliere pomodori. 

Quella volta però i quattro criminali si trovarono di fronte alla ribellione dei lavoratori decisi a difendere i pochi soldi che con fatica avevano messo da parte, di fronte a quella reazione non esitarono a sparare assassinando Masslo e ferendo gravemente Kirago Antony Yrugo, un ragazzo del Kenya. Dopo la sparatoria si diedero alla fuga, ma furono rintracciati poco dopo


La dolorosa storia di Masslo, scampato al regime di apartheid in Sudafrica che trova la morte nelle campagne dove è costretto a lavorare per mantenersi, il racconto dei media, gli scioperi e le manifestazioni che ne seguono, accesero i riflettori sulle condizioni in cui erano costretti a vivere migliaia di lavoratori agricoli stranieri.

In un servizio giornalistico dell’epoca, un datore di lavoro, un “padrone”, quando gli viene chiesto “quanto paga un lavoratore straniero?” risponde: “quanto vale”. Alla successiva domanda del giornalista “ma non esiste un contratto?” Risponde: “non esiste, ma non solo per loro, non esiste proprio, nemmeno per gli italiani”.  

Con quelle brevi, quanto ciniche affermazioni del padrone di turno, veniva sintetizzata la strutturalità e la “normalità” delle forme di sfruttamento. La paga, allora, era di mille lire per una cassetta di pomodori… il lavoro era pagato a cottimo, come continua ancora ad essere oggi per molti, troppi lavoratori. 

 

Dopo la morte di Masslo i braccianti stranieri, supportati dalle organizzazioni sindacali e da alcune associazioni diedero vita sul territorio della provincia casertana a numerose forme di protesta e una loro delegazione aprì la grande manifestazione nazionale contro il razzismo che si svolse a Roma nel settembre del 1989 e che sarà all’origine del movimento di opinione che porterà̀ all’approvazione della legge n. 39 del 1990, la cosiddetta legge Martelli che, tra le altre cose, abolirà la riserva geografica con cui l’Italia aveva aderito alla Convenzione di Ginevra che aveva impedito il riconoscimento dello status di rifugiato a Jerry Essan Masslo. 





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