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venerdì 14 aprile 2017

Il decreto Orlano Minniti non riduce le libertà democratiche per i migranti, le riduce per tutti!




Nel 1998, Livia Turco e Giorgio Napolitano hanno firmato la legge n. 40, quella che, tra le altre cose (alcune, poche, anche positive), ha introdotto in Italia i Centri di Permanenza Temporanea. Da allora, quei luoghi hanno rappresentano un vulnus nel sistema della nostra cultura giuridica. Oltre a essere delle istituzioni totali, dei luoghi dove i diritti sono sospesi, prevedono, per la prima volta nella storia repubblicana, la privazione totale della libertà personale in assenza di reato. 

Nel 2002, Umberto Bossi e Gianfranco Fini firmano la legge n. 189, probabilmente la peggiore legge europea in materia di migrazione, una legge che ha esasperato gli aspetti negativi della precedente ad iniziare proprio da un inasprimento delle condizioni di detenzione nei Centri di Identificazione ed espulsione, come nel frattempo sono stati rinominati i CPT e con l’introduzione del cosiddetto contratto di soggiorno.

Oggi, Andrea Orlando e Marco Minniti con il loro decreto, che mi auguro venga bocciato quanto prima dalla corte costituzionale, sono riusciti ad istituire in Italia, di fatto, un sistema di apartheid giuridico.

Mai, come negli ultimi trent’anni, il fenomeno migratorio è stato soggetto a politiche tanto repressive quanto quelle che attualmente tentano di disciplinarlo nei diversi paesi europei. Se il modo con cui un paese si approccia alle migrazioni può essere considerato un banco di prova su cui misurare la democraticità dello stesso, delle sue istituzioni e delle sue leggi, l’Italia (ma non solo), e non da oggi, difficilmente può considerarsi un paese democratico.

Quando una legge è ingiusta disobbedire è un dovere!

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