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sabato 10 dicembre 2016

68 anni dalla sottoscrizione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo


di Antonio Ciniero


Sono 30 gli articoli che sanciscono i Diritti fondamentali dell’Uomo che il 10 dicembre del 1948 le Nazioni Unite hanno sottoscritto a Parigi adottando la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo.

Oggi, dopo 68 anni, quella dichiarazione è ancora lontana dall’essere pienamente applicata anzi, continua ad essere sistematicamente violata, e non solo nei paesi non democratici ma anche in Italia e in Europa, culla di quei diritti.

È stata violata, solo quest’anno, per oltre 4 mila volte, tanti i corpi, stima per difetto, finiti nel fondo del Mediterraneo a causa delle politiche migratorie europee che impediscono ai cittadini di muoversi liberamente.

venerdì 2 dicembre 2016

Accoglienza o esclusione? Alcune considerazioni sul sistema di accoglienza italiano #overthefortress


di Antonio Ciniero

Più o meno a bassa voce, ma con sempre maggiore insistenza, da più parti si incomincia a dire che il sistema di accoglienza italiano ed europeo non funziona. Non funziona, se l’obiettivo è quello di tutelare la vita delle persone che partono e garantire loro una reale accoglienza, degna di questo nome, e un reale inserimento sociale. Rispetto a ciò, il sistema è del tutto fallimentare. Ed è un fallimento drammatico: oltre 4 mila morti nel Mediterraneo (stima per difetto) solo in quest’anno che volge al termine, a cui si aggiungono le morti dei migranti in transito in altre situazioni: nel deserto, un fatto di cui stenta ad arrivare persino l’eco in occidente, ma anche le tante morti e sparizioni che avvengono a causa della chiusura dei confini interni della stessa Europa. In diverse parti d’Europa migliaia di uomini, donne e bambini sostano in campi e centri, in una lunga difficilissima attesa. Per quanto riguarda l’Italia, migliaia di persone, nonostante siano destinatarie di forme di accoglienza (prima o seconda), sono costrette a forme disumane di sfruttamento nei diversi settori economici del paese, in particolare in quello agricolo, e crescono sempre più anche le vittime di sfruttamento sessuale.

mercoledì 2 novembre 2016

Quando il razzismo è esibito. Il caso di Gorino e le contraddizioni italiane





Antonio Ciniero

articolo pubblicato in R-Project


Diceva Malcom X che se non fossimo stati attenti, i media ci avrebbero fatto odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono.
Eppure quello che è accaduto a Gorino il 24 ottobre va molto al di là di quella che può essere solo una responsabilità dei media, del clima di intolleranza costruito in Italia. Chiama in causa responsabilità di tutti, ad iniziare da chi ha permesso che tutto ciò potesse accadere.

Probabilmente anche quella che descrive Gorino come una comunità compatta e unita nel razzismo è un’immagine, in parte, costruita e semplificata dal racconto mediatico (sia mainstream che dei social), ma bisogna prendere atto che, fino ad oggi, la voce della solidarietà - quella della gente comune, dalla cosiddetta società civile alle parrocchie, dai collettivi alle associazioni, quella insomma che si è storicamente attivata per supplire alle carenze istituzionali dello stato, e che abbiamo conosciuto, per quanto riguarda l’accoglienza a cittadini stranieri, sin dal marzo del 1991, quando gli uomini e le donne del brindisino accolsero gli albanesi giunti nel porto della loro città – ecco, quella solidarietà a Gorino sembra essere scomparsa o, se esiste, non ha trovato spazio per esprimersi. Per lo meno pubblicamente.

mercoledì 12 ottobre 2016

Oltre il campo sosta e il ghetto: due esperienze di ricerca etnografica e visuale nel Salento




di Antonio Ciniero* e Ilaria Papa**

Ahmet -  Fonte: fermo-immagine tratto dal documentario in lavorazione sul lavoro braccintile    

Articolo pubblicato in Mondi Migranti, n. 2/2016 

Introduzione

L’articolo[1] presenta alcune riflessioni sul rapporto tra metodologie visuali e studi migratori. Si tratta di considerazioni sviluppate a partire dall’esperienza maturata nell’ambito di due indagini sociologiche: la prima, realizzata tra il 2008 e il 2011, ha coinvolto un gruppo di cittadini rom alloggiati nel campo sosta Panareo di Lecce; la seconda, iniziata nella primavera del 2015 e tuttora in corso, alcuni braccianti impegnati nella raccolta stagionale agricola che ha il suo epicentro nella cittadina di Nardò (Le). Le indagini riprendono, e in qualche modo continuano, un percorso di ricerca, ispirato ai principi metodologici dell’action-research (Lewin, 1946; Lapassade, 1991; Barbier, 2007), iniziato sul finire degli anni Ottanta, nel caso dei cittadini rom, e nei primi anni Novanta, per i braccianti, dal gruppo di ricerca in parte confluito nell’International Center of Interdisciplinary Studies on Migration (Icismi) dell’Università del Salento.  
Allora come oggi, ci si è confrontati con gruppi di cittadini di origine straniera inseriti in una condizione di forte marginalità sociale, la cui presenza sul territorio, nel corso di trent’anni, è stata gestita dalle istituzioni locali come una perenne emergenza, da non mostrare all’opinione pubblica, se non secondo sperimentati copioni narrativi in cui, media, da una parte, e attori politici ed economici dall’altra, hanno costruito e veicolato un’immagine semplicistica e stereotipata dei due contesti e dei soggetti che li abitano.

lunedì 3 ottobre 2016

3 ottobre: il ricordo non basta!



Credit: Laszlo Balogh



In questo 3 ottobre, ricordiamo le tante, le troppe, vite ingoiate dal Mar Mediterraneo. Ma oltre a ricordare, l’Italia e l’Europa farebbero bene ad attrezzarsi – e il prima possibile, visto che sono già in ritardo di almeno trent’anni - per permettere finalmente a chi parte di giungere vivo e incolume in Europa.
Le morti nel Mediterraneo non sono un incidente, né una tragica fatalità. Non sono nemmeno conseguenza di scafisti senza scrupoli, come spesso la stampa ci ripete. Le morti nel Mediterraneo sono conseguenza diretta e immediata delle politiche migratorie europee (e italiane).
Per evitarle occorrerebbe poco: nell’immediato basterebbe l’apertura di corridoi umanitari, seguita, in breve tempo, dalla riformulazione delle politiche in materia di migrazione. Cosa, di per sé, tecnicamente semplice, ma politicamente complicatissima visti gli interessi in questione, i rapporti e le relazioni economiche internazionali che si giocano sulla pelle delle persone, dei migranti e di tutti noi.  

lunedì 5 settembre 2016

SFRUTTATI, ESCLUSI E COMPLETAMENTE ABBANDONATI DALLE ISTITUZIONI: BRACCIANTI ROM A BORGO MEZZANONE

Antonio Ciniero


Ph. Ilaria Papa 




Siamo un territorio di frontiera, non ci manca nulla qui: Cara, “Pista”, ghetti, disagio sociale…siamo la periferia della periferia…

Sono le parole di una volontaria della Caritas di Borgo Mezzanone, frazione di Manfredonia, appena 10 km da Foggia. Oggi è una delle tappe obbligate delle traiettorie del lavoro agricolo in Puglia. 
Sul piccolo territorio di questo borgo rurale è localizzato un CARA[1], con una capienza di oltre 600 posti, punto di arrivo dei bus turistici che portano, scortati dalle auto dei carabinieri, centinaia di giovani migranti che - in moltissimi casi - trovano lavoro nei campi. Alle spalle dal CARA, sulla pista, lunga circa 3 km, di un ex aeroporto militare, una cinquantina di container, più svariate tende e baracche, in cui trovano rifugio, in questo periodo di raccolta, non meno di 800/900 persone provenienti da diverse zone del continente africano: Sudan, Guinea, Mali, Nigeria, Somalia, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Togo e Senegal, le provenienze maggioritarie[2]. Ci sono poi diversi casolari, più o meno diroccati, riparati con materiali di recupero, e altri “micro-ghetti” che offrono precario riparo ad altri lavoratori delle campagne della Capitanata e del Nord barese.

Luoghi che costringono la vita di chi li abita ad una marginalità estrema. Tra questi, c’è una baraccopoli che più di tutti gli altri sembra catapultare chi vi giunge molto lontano, in altre epoche o in altre latitudini. Questo posto invisibile e tuttavia ben evidente dalla strada statale, sorge su un terreno privato con il perimetro delimitato da pali, un traliccio dell’alta tensione e da alcune pale eoliche. Non è contiguo ai vicini luoghi dell’esclusione: tutto intorno, solo distese di terra a perdita d’occhio. A un lato della baraccopoli, un grande fossato - in passato utilizzato come vascone per l’irrigazione - è stato trasformato in una discarica a cielo aperto dove sono conferiti i rifiuti che nessun servizio d’igiene pubblica smaltisce.

lunedì 22 agosto 2016

Migranti economici e migranti politici:
retoriche di una distinzione

Antonio Ciniero



La distinzione tra migrazioni economiche e migrazioni politiche, soprattutto nel discorso pubblico europeo degli ultimi anni, tende ad essere presentata, sempre più spesso, non solo come una definizione giuridica o analitica ma come una distinzione sulla base della quale differenziare i migranti "meritevoli” da quelli “non meritevoli”, quelli da accogliere dai migranti da respingere.[1] Ma siamo sicuri che negli attuali flussi migratori diretti in Europa sia possibile distinguere nettamente le migrazioni politiche da quelle economiche? Siamo sicuri che le vite dei soggetti siano incasellabili rigidamente nei percorsi che le normative nazionali e internazionali (e non solo le normative) pensano come radicalmente alternativi ed esclusivi? E, in seconda battuta, siamo sicuri che anche laddove un soggetto venga riconosciuto come migrante politico, quindi “meritevole” di accoglienza, il sistema pensato dai singoli stati e dall’Unione Europea sia realmente in grado di garantire accoglienza e inclusione?

Migrazioni politiche e migrazioni economiche
Nel concreto articolarsi dei processi migratori non c’è mai un solo fattore che porta ad emigrare. Esiste sempre un complesso insieme di concause difficili da districare, e così un singolo, a prescindere da quello che prevedono le normative, può ritrovarsi contemporaneamente ad essere alla ricerca del lavoro e del riconoscimento dello status di rifugiato. I processi migratori che, almeno dal 2011, stanno interessando l’Europa lo mostrano in maniera esplicita.