Articolo scritto in occasione della
Giornata Internazionale del Migrante
per l'Associazione 21 Luglio
Antonio Ciniero
Dei circa
180 mila rom e sinti stimati in Italia, quasi la metà non ha la cittadinanza
italiana. Si tratta quindi di migranti, oppure di figli e nipoti di migranti. Per
quanto riguarda la storia recente, è in particolare dalla fine degli anni ’70
del Novecento che i rom iniziano a giungere in Italia, sulla scia dei più
generali flussi migratori che, a partire da quel periodo, interessano con
maggiore sistematicità il paese. Partono per le motivazioni classiche che
spingono tutti i soggetti alla migrazione: la possibilità di trovare un lavoro,
il semplice desiderio di conoscere un nuovo posto, la volontà di creare una
vita migliore per sé o per i propri figli, di costruirsi una casa.
Come nel
caso di altre fasi migratorie, vecchie e nuove, anche tra i rom non manca chi è
stato costretto ad abbandonare le proprie case a causa della guerra, o per
problematiche politiche e sociali innescate da conflitti interni al paese di
provenienza. È il caso della gran parte dei rom stranieri arrivati in Italia dalla
ex-Jugoslavia fino gli anni ’90 del secolo scorso. Si tratta di un flusso migratorio
che si intensifica negli anni delle guerre che insanguinano il paese dopo la
morte di Tito e soprattutto tra il ’96 e il ’99, con la guerra in Kosovo. Profughi,
proprio come buona parte dei migranti che oggi cercano di raggiungere le coste
europee, alcuni dei quali sono riusciti, oggi come ieri, ad ottenere il
riconoscimento dello status di rifugiato politico.