Antonio Ciniero
La
distinzione tra migrazioni economiche e migrazioni politiche, soprattutto nel
discorso pubblico europeo degli ultimi anni, tende ad essere presentata, sempre
più spesso, non solo come una definizione giuridica o analitica ma come una
distinzione sulla base della quale differenziare i migranti "meritevoli” da
quelli “non meritevoli”, quelli da accogliere dai migranti da respingere.[1] Ma
siamo sicuri che negli attuali flussi migratori diretti in Europa sia possibile
distinguere nettamente le migrazioni politiche da quelle economiche? Siamo
sicuri che le vite dei soggetti siano incasellabili rigidamente nei percorsi
che le normative nazionali e internazionali (e non solo le normative) pensano come
radicalmente alternativi ed esclusivi? E, in seconda battuta, siamo sicuri che
anche laddove un soggetto venga riconosciuto come migrante politico, quindi
“meritevole” di accoglienza, il sistema pensato dai singoli stati e dall’Unione
Europea sia realmente in grado di garantire accoglienza e inclusione?
Migrazioni
politiche e migrazioni economiche
Nel
concreto articolarsi dei processi migratori non c’è mai un solo fattore che porta ad emigrare. Esiste sempre un
complesso insieme di concause difficili da districare, e così un singolo, a
prescindere da quello che prevedono le normative, può ritrovarsi contemporaneamente
ad essere alla ricerca del lavoro e del riconoscimento dello status di
rifugiato. I processi migratori che, almeno dal 2011, stanno interessando
l’Europa lo mostrano in maniera esplicita.