L’agro centro-meridionale della provincia
di Lecce, e in particolare la cittadina di Nardò, rappresenta ormai da oltre
vent’anni un tassello importante ed emblematico delle dinamiche politiche,
sociali ed economiche che attraversano e danno forma al lavoro agricolo
stagionale nella gran parte dei paesi dell’aria euro-mediterranea. Le
condizioni di vita e di lavoro dei braccianti in questa zona, sebbene da più
parti deprecate, sembrano essere immutabili. Pochi
sono gli elementi che si sono modificati nel corso degli anni, tra questi, la
composizione sociale dei braccianti avvicendatesi sul territorio e che
discende, a sua volta, essenzialmente, da tre fattori: quelli produttivi (il
cambio della tipologia dei prodotti agricoli coltivati e la modificazione degli
ettari coltura destinati alla coltivazione, che ha richiamato un numero
maggiore di manodopera); quelli economici più generali (la crisi degli ultimi
anni e i licenziamenti a essa connessi, che hanno spinto verso il settore
agricolo soggetti prima impiegati nel settore industriale e in quello dei
servizi, di sovente nelle città del centro-nord Italia); e, ancora, quelli
legati ai cambiamenti intervenuti sul versante delle dinamiche migratorie,
soprattutto dal 2011, quando – a seguito delle cosiddette primavere arabe e
dell’intervento armato in Libia – è mutato il panorama degli arrivi e delle
presenze dei cittadini stranieri sul territorio dove è aumentato il numero dei
cittadini richiedenti asilo e/o protezione umanitaria che, anche in conseguenza
delle politiche e delle modalità di accoglienza loro riservate, sono divenuti
un importante bacino di reclutamento di manodopera per la raccolta stagionale.
Uno spazio di riflessione sui processi migratori e le interazioni che innescano nelle società contemporanee.
Propone articoli di approfondimento sulle condizioni sociali e lavorative dei cittadini immigrati e dei rifugiati,
i mutamenti socio-economici che interessano il mercato del lavoro, i processi di impoverimento e di esclusione sociale,
le pratiche e le relazioni di potere che connotano la costruzione dell’alterità.
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sabato 23 gennaio 2016
martedì 19 gennaio 2016
La gestione economica delle migrazioni. Politiche migratorie, esclusione e funzionalizzazione delle presenze migranti in Europa
Antonio Ciniero
Premessa: la gestione economica delle
migrazioni
L’epoca contemporanea conosce una
mobilità umana mai sperimentata prima nella storia, sono più di 200 milioni le
persone in transito nel pianeta (232 milioni nel 2013 secondo l’Onu), 34
milioni nella sola Unione Europea (Eurostat). Cifre impressionati che danno
l’idea della complessità e della porta di un fenomeno che nessun proibizionismo, barriera o politiche repressive potrà
fermare. Chi intraprende l’esperienza
migratoria lo fa per ricercare migliori condizioni di vita, per avere
un’opportunità che gli pare negata nel suo paese ma anche, e questo avviene
sempre più spesso negli ultimi anni, perché è costretto alla fuga da guerre e
conflitti. Nel 2014, i migranti forzati hanno raggiunto la cifra record di
oltre 60 milioni nel mondo (dati UNHCR) e di 620 mila in Europa[1]
(Eurostat) quasi un terzo degli ingressi complessivi. Questi spostamenti
contribuiscono a mettere a nudo il re,
esplicitano l’insostenibilità dell’attale modello di sviluppo, ne mostrano la
forte sperequazione e le abissali diseguaglianze e, al contempo, si configurano
come una risposta, individuale e sociale, al processo di impoverimento che
interessa aree geografiche sempre più estese del pianeta[2];
ne deriva che prospettare soluzioni è cosa ardua; per risposte realistiche alla
complessità del problema si avrebbe bisogno di politiche sopranazionali, oggi
difficilmente attivabili, fermo restando gli attuali rapporti di forza che
dominano il pianeta. Risposte che superino i modi fallimentari con cui fino ad
oggi i paesi occidentali, e quelli europei in particolare, si sono approcciati
al fenomeno.
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