Ahmet - Fonte: fermo-immagine tratto dal documentario in lavorazione sul lavoro braccintile |
Articolo pubblicato in Mondi Migranti, n. 2/2016
Introduzione
L’articolo[1] presenta
alcune riflessioni sul rapporto tra metodologie visuali e studi migratori. Si
tratta di considerazioni sviluppate a partire dall’esperienza maturata
nell’ambito di due indagini sociologiche: la prima, realizzata tra il 2008 e il
2011, ha coinvolto un gruppo di cittadini rom alloggiati nel campo sosta
Panareo di Lecce; la seconda, iniziata nella primavera del 2015 e tuttora in
corso, alcuni braccianti impegnati nella raccolta stagionale agricola che ha il
suo epicentro nella cittadina di Nardò (Le). Le indagini riprendono,
e in qualche modo continuano, un percorso di ricerca, ispirato ai principi
metodologici dell’action-research (Lewin, 1946; Lapassade, 1991; Barbier, 2007), iniziato sul finire
degli anni Ottanta, nel caso dei cittadini rom, e nei primi anni Novanta, per i
braccianti, dal gruppo di ricerca in parte confluito nell’International Center of Interdisciplinary Studies on Migration (Icismi)
dell’Università del Salento.
Allora
come oggi, ci si è confrontati con gruppi di cittadini di origine straniera inseriti
in una condizione di forte marginalità sociale, la cui presenza sul territorio,
nel corso di trent’anni, è stata gestita dalle istituzioni locali come una perenne emergenza, da non mostrare
all’opinione pubblica, se non secondo sperimentati copioni narrativi in cui,
media, da una parte, e attori politici ed economici dall’altra, hanno costruito
e veicolato un’immagine semplicistica e stereotipata dei due contesti e dei
soggetti che li abitano.