Introduzione
Presenze
rom in Puglia e nel Salento nel tempo
La Puglia, e la penisola salentina in
particolare, sono da sempre via di transito e punto di approdo tra oriente e
occidente. Dai tempi più remoti fino all’oggi, genti molto diverse si sono
avvicendate e hanno continuato a intrecciare i propri destini e le proprie
storie su questo lembo di terra periferico e allungato nel Mediterraneo. Fra i
tanti innumerevoli approdi, perduto dalla memoria popolare, quello, storico, di
persone appartenenti alla popolazione romanì, una presenza che nei secoli è
entrata a far parte di una storia e di un patrimonio culturale ed economico
comune.
Nel Salento, le prime presenze rom si
registrano ufficialmente a partire dal XVI secolo, anche se molto
probabilmente, come ricorda Piasere (1988), alcuni gruppi vi giunsero già tra
il XIV e il XV secolo, durante la prima avanzata dell’esercito ottomano verso
l’Europa continentale, quando approdavano sulle coste che le cartine del tempo
definivano appartenenti alla provincia di Terra d’Otranto. Tracce di
interazioni con il territorio di persone di origini rom in Puglia, giunte con
gruppi slavi e greco-albanesi provenienti dai Balcani, sono databili già con
sicurezza nella seconda metà del Cinquecento e sono rintracciabili nella
numerazione dei fuochi del 1574 dei centri minori del Salento. A Galatone, un
feudo distante circa 30 km da Lecce, furono contati in quell’occasione “5
zingari” tra i fuochi straordinari presenti.[1]
Anche se sicuramente numerosi furono gli spostamenti e le interazioni con
gruppi rom presenti in altri feudi centro-meridionali della penisola (come
quelli della Basilicata), è possibile far risalire a questo periodo la presenza
di famiglie rom in diverse zone della regione, oltre che nella provincia di
Lecce, anche nel tarantino, nel brindisino e nel foggiano, dove ancora vivono
molti loro discendenti.