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domenica 31 marzo 2024

Le politiche dell’esclusione. Centri di accoglienza, ghetti agricoli e campi rom in Italia

 E' appena uscito per Meltemi il ultimo libro: Le politiche dell’esclusione. Centri di accoglienza, ghetti agricoli e campi rom in Italia. 



Qual è la genesi dei centri di accoglienza per i migranti? Come sono nati i ghetti agricoli in Italia? Cosa hanno in comune con i campi rom? Come si vive in questi luoghi? Che effetti hanno sulle traiettorie di vita delle persone che li abitano e, più in generale, sul resto della società?
Sono le domande a cui provo a rispondere con questo libro, a partire dall’attività di ricerca degli ultimi dieci anni, in cui ho attraversato questi luoghi che sono dei luoghi di vita e di comprensione del reale, di processi concreti e simbolici che non riguardano solo chi ci vive, ma la società contemporanea nel suo complesso. 

L’obiettivo di questo lavoro è analizzare il modo in cui i centri di accoglienza (e, parallelamente, il sistema di accoglienza), i ghetti agricoli e i campi rom abbiano contribuito, nel solco di una legislazione sulle migrazioni profondamente contraddittoria, a determinare forme di esclusione sociale, integrazione subalterna e inclusione differenziale di segmenti di popolazione definita migrante anche dopo decenni di permanenza nel nostro paese, così come accade ai discendenti nati e cresciuti in Italia. Un altro intento è quello di provare a fare luce sulle categorie di pensiero, che, attraverso la riproduzione ininterrotta di stereotipi, pregiudizi, proiezioni, spesso ingabbiano il percorso della democrazia verso i diritti, anche laddove esista una volontà di cambiamento, proprio perché improntati, oggi come ieri, al non ascolto, al non riconoscimento dei soggetti coinvolti e delle loro istanze.


qui il link al sito della casa editrice









giovedì 9 marzo 2023

Consiglio dei Ministri a Cutro. Alcune brevi osservazioni

 

di Antonio Ciniero

Queste pare siano le proposte che oggi il consiglio dei ministri vorrebbe approvare. Alcune brevi osservazioni:

1) stretta sugli scafisti, con l’inasprimento delle pene e l’aggravante in caso di naufragio.
L'inasprimento delle pene non produce effetti sulla diminuzione delle partenze, o sulla diminuzione dei naufragi, al massimo può incidere sulla modificazione dell'organizzazione dell'ultimo tratto di viaggio. Per ridurre naufragi, per fare in modo che ci siano partenze e viaggi sicuri, c'è solo una cosa da fare: cambiare le norme, prevedendo ingressi regolari e sicuri.
2) Semplificazione degli ingressi regolari, con la mobilitazione degli uffici diplomatici per l’esame in loco delle richieste.
Per semplificare gli ingressi va innanzitutto abolita la Bossi Fini. Vanno cambiate le modalità di ingresso per lavoro prevedendo almeno un titolo di soggiorno per ricerca del lavoro, continuare ad avere una normativa che prevede il possesso di un contratto di lavoro prima della partenza è del tutto irrazionale, produce solo esclusione e determina ingressi in condizione di irregolarità e/o costringe i migranti a ricorrere alla richiesta (a volte) impropria di protezione. Per chi è in fuga perché costretto, la proposta semplicemente non ha senso, a meno che non si dia la possibilità di presentare richiesta di asilo nelle ambasciate italiane istituendo in ogni ambasciata una commissione per l'esame della richiesta che preveda anche la presenza dell'UNHCR e garantendo la sicurezza dei richiedenti asilo per tutta la durata del procedimento.
3) L’accelerazione sulle espulsioni: ma chi viene rimpatriato non deve rischiare di tornare in zone di guerra.
Il tema delle espulsioni è pura demagogia, basti vedere quante espulsioni vengono effettuate ogni anno, le espulsioni non si possono effettuare perché mancano accordi di riammissione, parlare di espulsione significa solo fare in modo che le persone restino in condizione di irregolarità, prive di diritti e sfruttabili sul mercato del lavoro. Ps: le espulsioni verso zone di guerra sono semplicemente vietate dalla Convenzione di Ginevra... Non sono una gentile concessione di un governo cinico e (post)fascista!
4) L'allargamento del decreto flussi, che potrebbe avere durata triennale, con quote privilegiate ai paesi che collaborano al contrasto dell’immigrazione clandestina.
Andrebbero previsti almeno 300 mila nuovi ingressi l'anno, ma soprattutto si dovrebbe prevedere, come si diceva sopra, modalità di ingresso per ricerca di lavoro, altrimenti i flussi continueranno ad essere costretti all'irregolarità e i decreti flussi torneranno ad essere quello che erano in passato: mini sanatorie mascherate... Sull'ossessione per le espulsioni mi taccio...
La verità, triste e amara, è che nemmeno questa tragedia basterà a far cambiare rotta a più di trent'anni di politiche di esclusione. Le responsabilità di queste politiche ovviamente non sono imputabili solo a questo esecutivo e a questa maggioranza, le responsabilità sono, sebbene in diversa misura, di tutte le maggioranze, politiche e "tecniche", che si sono alternate al governo del paese in questi trent'anni! Ma se trent'anni fa forse poteva funzionare l'alibi che il paese era impreparato... che il fenomeno si conosceva ancora poco... oggi non esistono più nemmeno queste finte giustificazioni!

venerdì 6 maggio 2022

II Sessione - Dal lato oscuro del confine. Mobilità e diritti alle frontiere d'Europa


 


Campi informali e pratiche di autorganizzazione

Chair: Ivan PUPOLIZIO (Università degli Studi di Bari "Aldo Moro") Interventi di: Elena FONTANARI (Università degli Studi di Milano) Antonio CINIERO (Università del Salento) Irene PEANO (Universidade de Lisboa) Giuliana SANÒ (Università degli Studi di Messina) Francesco MARCHINI (University of South Wales)


lunedì 17 agosto 2020

Alcune brevi considerazioni a caldo rispetto ai dati sulla “mancata regolarizzazione” diffusi dal ministero dell’Interno

 


i dati sono consultabili qui 


207.542 sono le domande presentate, molto al di sotto delle stime fate negli anni che parlano di un numero di irregolari compreso in una forbice che va dalle 400 mila alle 600 mila unità. Sicuramente escludere settori come quello della logistica o dell’edilizia ha inciso negativamente sul numero delle emersioni. Più in generale, però, c’è da constatare che è fallimentare (oltre che cinicamente utilitaristico e riduzionista) l’idea di legare la possibilità di emersione dalla condizione di irregolarità amministrativa al possesso di un contratto di lavoro, specie in un periodo di emergenza sanitaria come quello che stiamo vivendo.  

 

L’85% (176.848) delle domande presentate ha riguardato il settore del lavoro domestico. Si tratta, soprattutto, di collaboratori famigliari (oltre 122 mila domande) e assistenti a persone disabili e/o non autosufficienti (oltre 50 mila domande). Insomma, stando a questi dati, i pericolosi clandestini di cui parla la propaganda razzista e xenofoba, lontani dall’essere persone che vivono nel buio pronti a commettere chi sa quali delitti, sono persone che con il loro lavoro sostengono le famiglie a cui il nostro sistema di welfare, martoriato negli ultimi trent’anni da politiche liberiste, non riesce a garantire l’assistenza e il sostegno di cui avrebbero bisogno!

 

Le domande per la regolarizzazione di persone che avevano lavorato o stanno lavorando in nero nel settore agricolo, sono state meno di 30 mila (29.555), molto al di sotto delle 150 mila che le organizzazioni datoriali si aspettavano. Anche questo dato non sorprende. Il problema del settore agricolo, specie di quello stagionale, non è tanto legato al fatto che chi vi lavori non abbia un documento regolare di soggiorno, quanto al fatto che nel settore agricolo stagionale incide in maniera pesante il lavoro nero e grigio. Detto altrimenti, il problema non è tanto che i migranti non abbiano i documenti in regola per soggiornare, quanto il fatto che una quota rilevante di datori di lavoro non assume in maniera regolare i lavoratori, stranieri o italiani che siano!

 

Rispetto alla distribuzione geografica delle domande, la maggior parte ha riguardato le regioni del centro-nord Italia (Lombardia, Emilia Romagna, Lazio) e le aree metropolitane (Milano, Napoli, Roma), quelle che normalmente attraggono il maggior numero di cittadini stranieri perché offrono maggiori opportunità di lavoro. I migranti che diventano irregolari, principalmente a causa delle storture legislative, non vivono nei “ghetti”, ma nelle città dove lavorano e vivono da decenni. Spesso non sono visibili, non perché vogliano nascondersi, ma perché, per lavorare, si svegliano quando ancora le “città dormono” oppure il loro lavoro invisibile sostiene il lavoro visbile delle marche che fanno “grande il made in Italy” o ancora lavorano nelle cucine dei rinomati ristoranti stellati…  Interessante e incontro tendenza appare il dato della campagna, sparatutto quello delle provincie non metropolitane (Caserta, Salerno) che registrano un numero significativo di domande presentate.

 

Rispetto alle cittadinanze di coloro che hanno presentato domanda, per quanto riguarda il lavoro domestico, le principali aree geografiche di provenienza sono: Ucraina, Bangladesh, Pakistan, Georgia, Marocco, Perù, Albania, Cina, India, Egitto; per quanto riguarda il lavoro agricolo sono: Albania, Marocco, India, Pakistan, Bangladesh, Tunisia, Senegal, Egitto.

Anche in questo caso, salta una delle retoriche più amate dai razzisti del bel paese, quella secondo la quale i clandestini sarebbero “i palestrati appena sbarcati con tanto di smartphone …”. Come è possibile vedere, ad essere costretti all’irregolarità, sono nella maggior parte dei casi soggetti che appartengono a gruppi nazionali di antico insediamento sul territorio italiano, soggetti che diventano irregolari, magari perché, dopo decenni di presenza, si ritrovano senza lavoro…  

 

Al di là di quello che questi dati ci potranno dire quando le analisi saranno maggiormente approfondite e più raffinate, al momento, possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che quando si pensa una regolarizzazione avendo come stella polare i profitti e non i diritti, i risultati non possono che essere fallimentari, soprattutto sul piano dei diritti e della tutela della vite delle persone.

 


Questo procedimento di regolarizzazione è stata l’ennesima occasione mancata dal nostro paese per riconoscere diritti a chi ne è privo a causa delle storture della legge e per tentare di avere una gestione meno contraddittoria dei fenomeni migratori.

martedì 26 febbraio 2019

Arrivi/morti in Europa (gennaio – febbraio 2018/2019). Un tragico confronto


di Antonio Ciniero

Confrontando i dati sugli arrivi/decessi in Europa di quest’anno con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso emerge che, in generale - in linea con quanto era accaduto l’anno scorso rispetto al 2017 - si continua a registrare il calo del numero degli arrivi. Se gli arrivi calano, non diminuisce però la probabilità di morire durante la traversata del Mediterraneo che anzi è aumentata di circa 10 volte. Se la probabilità di morire nel tentativo di raggiungere l’UE è una delle conseguenze della politica delle frontiere chiuse, avviata a livello europeo con l’adozione degli accordi Schengen, l’aumento di tale probabilità è invece una delle conseguenze della guerra dichiarata alle operazioni di salvataggio delle vite in mare. Una guerra avviata a livello europeo, prima, con gli attacchi alle operazioni di salvataggio della Marina Militare Italiana, in particolare all’operazione Mare Nostrum e proseguita poi con la guerra alle Ong,  un vero e proprio attacco alla solidarietà e al diritto/dovere di salvare vite in mare, iniziata dal Ministro Minniti e portata avanti, in piena continuità, dall’attuale inquilino del Viminale.

Nell’info grafica che segue (fonte UNHCR) ci sono i dati per il periodo che va dal 1 gennaio al 24 febbraio 2019
In tutto il Mediterraneo i morti sono stati 207, lungo la rotta del Mediterraneo centrale sono stati 144.


domenica 2 dicembre 2018

I primi effetti del decreto (in)sicurezza



di Antonio Ciniero

I primi effetti del decreto (in)sicurezza confermano, purtroppo, quanto in molti stiamo denunciando da settembre, da quando la bozza del decreto ha iniziato a circolare.
Sono già diverse decine le persone, alcuni bambini piccolissimi, costretti a stare per strada perché impossibilitate ad accedere alle strutture di seconda accoglienza (sono di ieri le prime circolari emanate da diverse Prefetture).
Se il Presidente della Repubblica firmerà la legge licenziata dalla camera, la situazione, nel medio e lungo periodo, peggiorerà sempre più. Migliaia di persone saranno costrette all'esclusione e alla marginalità sociale in nome della demagogia e del populismo.

A pagare il prezzo più alto saranno i più deboli, come al solito d'altronde, costretti a vivere sempre più ai margini, lontano dagli occhi dei più, nelle baraccopoli che affollano le periferie dalle nostre città e delle nostre campagne, come quella nella piana di Gioia Tauro dove ieri sera è morta un'altra persona, in quei "ghetti" utili a chi domanda lavoro da sfruttare per incrementare i propri profitti, quelli attarversati della violenza che, in quei luoghi, colpisce soprattutto le donne, le più invisibili tra gli invisibili.
Chi guadagnerà in tutto ciò? Solo sciacalli e criminali:
- i politicanti che proveranno a tradurre in consenso la frustrazione della gente che vede il proprio nemico in chi è affamato e non in chi affama;
- gli enti gestori e il considerevole indotto economico creato da quei luoghi di detenzione amministrativa chiamati centri per il riconoscimento e il rimpatrio in cui le persone saranno recluse fino a 180 giorni senza aver commesso alcun reato per essere poi rilasciate in condizione di irregolarità sul territorio;
- le aziende senza scrupoli che sfrutteranno il lavoro privato di diritti degli uomini e delle donne colpite dagli effetti del decreto (in)sicurezza;
- le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta della prostituzione e il traffico di stupefacenti;
- chi potrà acquistare, o meglio riacquistare, i beni sequestrati alle organizzazioni mafiose.

Ognuno di noi deve decidere da che parte stare, sono sicuro che la maggioranza delle persone per bene, di chi crede nell'eguaglianza, nei diritti umani, non starà con le mani in mano.
Noi continueremo a resistere, disubbidiremo e ci organizzeremo per contrastare la barbarie, come già stiamo facendo, e lo faremo sempre meglio.
Touche pas à mon pote, non toccare il mio amico! Non toccate i nostri fratelli, non toccate le nostre sorelle!

domenica 30 settembre 2018

Sguardi eretici contro il muro della paura



di Antonio Ciniero



Recensione al libro curato da Gennaro Avallone Il sistema di accoglienza in Italia. Esperienze, resistenze, segregazione (Orthotes Editrice, pp. 218, euro 17) già pubblicata ne Il Manifesto

È almeno dal 2011, a seguito della guerra in Libia, che in Italia, e più in generale in Europa, è diventato quasi impossibile per i cittadini stranieri entrare in condizione di regolarità, se non in pochi casi.
DA QUELL’ANNO, l’Ue nel suo complesso e i singoli stati membri, più o meno esplicitamente, hanno cercato in ogni modo di bloccare gli ingressi sul proprio territorio attivando a tal scopo una serie di dispositivi che vanno dagli accordi sottoscritti con il governo di Erdogan in Turchia e di al-Sarraj in Libia all’istituzione degli hotspot, dai muri con il filo spinato alla proliferazione di campi profughi che sono nati nel cuore dell’Europa, come Idomeni fino a qualche tempo fa, o più recentemente Salonicco o Calais, passando per le periferie e le campagne delle città europee. Si tratta di dispositivi che minano il diritto alla mobilità, soprattutto di chi non ha in tasca il passaporto di un paese che conta o soldi «per comprare» un visto.
L’ATTUALE SISTEMA di accoglienza italiano, così pieno di contraddizioni e oggi così criticato da più parti, si è consolidato durante la cosiddetta «emergenza nord Africa», quando era ministro dell’Interno Roberto Maroni della Lega Nord, e ha ricevuto conferme dai successivi governi di centro-sinistra. Si tratta di contraddizioni strutturali, che non riguardano solo i casi eclatanti di mala accoglienza più volte denunciati negli ultimi anni, ma più che altro il sottile, ambiguo, filo di separazione fra dimensione formale e informale, legalità e illegalità, inclusione ed esclusione, che caratterizza i luoghi e i modi di questa accoglienza.

sabato 8 settembre 2018

Cosa prevede la bozza del decreto Salvini?




di Antonio Ciniero

Inizia a circolare la bozza del cosiddetto decretoSalvini, se verrà approvato così come è in bozza creerà maggiore irregolarità, esclusione e ricchi affari per carcerieri e chi con i carcerieri collabora in nome del profitto fatto sulla pelle delle persone, basta leggere anche solo i primi 2 articoli per rendersene conto.


Art. I  Abrogazione del pds per motivi umanitari

Il rilascio del pds per motivi umanitari in mancanza dei requisiti per accedere al diritto di asilo è sì una stortura, ma è conseguenza dettata dall’assenza a monte di strumenti che permettano l’ingresso e la libertà di movimento in Italia (e in Europa) per motivi diversi da quelli politici. Dichiararsi perseguitato politico è l’unica possibilità per sperare di accedere ad uno status regolare. Questo giochetto, impedire gli ingressi in condizione di regolarità restringendoli ai soli “migranti politici”, e di conseguenza costringere tutti i soggetti che entrano in Itala ad inserirsi all’interno di un sistema di accoglienza del quale in moltissimi farebbero volentieri a meno, ha creato le storture che da 7 anni, da più parti, si stanno denunciando.

Se si vuole ridurre l’irregolarità non va eliminato il pds per motivi umanitari, semplicemente devono essere previsti modalità di ingresso in condizione di regolarità che diano a tutti la possibilità di spostarsi liberamente in Europa, tra l’altro in questo modo si farebbe anche venire fuori l’ipocrisia dell’UE sul tema delle migrazioni e della libertà di movimento dei migranti senza sequestrare delle persone su una nave per gironi dopo che sono state tratte in salvo dal mare e dopo aver subito violenze inumane nei lager libici.

Se verrà abrogato il pds per motivi umanitari aumenterà solo il numero degli irregolari, i quali, tra l’altro, non potranno essere espulsi, come pensa chi applaude ai provvedimenti propagandistici di questo governo, e siccome non potranno essere espulsi cosa pensa di fare il governo? Basta leggere l’art. 2 del decreto per trovare la risposta.


Art. 2 Prolungamento della durata del tempo di trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio

Il trattenimento all’interno di questi centri di detenzione amministrativa, dove, è bene ribadirlo, si viene privati della libertà senza che si sia commesso un reato o che si sia pronunciato un giudice, verrà prolungato da 90 a 190 giorni.
Un cittadino straniero che non ha commesso alcun reato potrà quindi essere privato della libertà per oltre sei mesi! Naturalmente il trattenimento in questi centri ha un costo, per altro elevatissimo, che paghiamo con le nostre tasse e che incrementerà i profitti, il business dei gestori di questi centri (che sono quasi sempre gestititi da privato “sociale” anche se fatico a capire cosa abbia di sociale la privazione di libertà di chi non ha commesso alcun reato…) e delle imprese che con questi gestori collaborano.

mercoledì 11 luglio 2018

La politica del disprezzo: Salvini e il censimento rom



Foto tratta da Dinamopress




quest'articolo è stata pubblicato su Dinamopress



di Antonio Ciniero


“Ho chiesto un dossier sui rom, faremo un censimento, una ricognizione sui rom in Italia per vedere chi, come, quanti.”

 Con queste dichiarazioni Matteo Salvini lanciava lo scorso 18 giugno la sua ennesima battaglia sulla questione rom, questa volta da ministro dell’Interno. Qualche settimana dopo, il 6 luglio, il governatore della Regione Lombardia dichiarava che “come esistono gli uffici anagrafe che individuano tutti i cittadini residenti, analogamente si farà con chi risiede nei campi.”
Discorsi a parte, è davvero difficile dire se l’idea di un censimento rom sia solo paventata per guadagnare consenso elettorale o sia un reale obiettivo del governo e della giunta lombarda, dal momento che il censimento su base etnica è vietato dalla Costituzione Italiana. È certo però che negli ultimi quindici anni, i rom – complice anche il diffuso antiziganismo – sono stati ciclicamente trasformati in oggetto e strumento di propaganda politica, su cui scaricare la responsabilità di tensioni e problemi sociali lasciati irrisolti, attraverso cui convogliare paure irrazionali e fomentare antagonismi che chiamano in causa un passato che sembrava ormai superato.

giovedì 28 giugno 2018

Conclusioni della Riunione del Consiglio europeo 28 giugno 2018







di Antonio Ciniero
Cosa prevedono? che effetti avranno?
- Chiusura delle frontiere e rafforzamento delle frontiere esterne. Lo prevedevano già gli accordi di Schengen del 1985. Da allora ad oggi si sono ridotti i flussi? No, con le misure proposte si ridurranno i flussi? Ovviamente no, d’altro canto lo ammette lo stesso documento al punto 1 “i flussi hanno ripreso a crescere di recente sulle rotte del Mediterraneo orientale e occidentale”, come è sempre avvenuto! Chiusura delle frontiere = riorientamento dei flussi, no flessione dei flussi!
- Operazioni di salvataggio in mare. Anche in questo caso nulla di nuovo, si continua con la criminalizzazione delle operazioni di salvataggio iniziata dal precedente governo nell’aprile del 2017; Uomini, Donne e bambini, ridotti, cinicamente, a pedine da sacrificare sullo scacchiere della politica interna e internazionale. Qui un articolo dello scorso anno, quando è iniziata la “guerra” alla solidarietà allora https://migr-azioni.blogspot.com/2017/04/non-volete-le-ong-aprite-le-frontiere.html
- Si ribadisce la volontà di continuare a finanziare il regime dispotico di Erdogan con soldi pubblici versati dai democratici paesi europei.
- Non si mette in discussione il principio di primo ingresso del trattato di Dublino.
- Non si prevede la possibilità di introdurre modalità di ingresso regolari per chi è spinto alla migrazione per motivazioni economiche.
- Si dichiara di voler sostenere e rilanciare gli “aiuti allo sviluppo” dell’Africa, la stessa cosa che si afferma almeno dagli anni ’60 del secolo scorso, aiuti che hanno, tutt’al più, ottenuto solo un obiettivo: l’indebitamento e l’ulteriore impoverimento di un numero sempre maggiore di paesi africani. Negli anni, come i dati Oxfam ci ricordano, la sperequazione della ricchezza globale anziché diminuire è aumentata!
Il problema non è Salvini, la sua azione e i suoi modi solo più rozzi, solleticano un lettorato frustrato, Salvini è solo più esplicitamente razzista! Il problema rimane l’approccio Europeo alle migrazioni. L’Europa si ostina a non voler imparare dagli errori del passato!
Spetterà a tutti noi, a tutti coloro che non vogliono arrendersi a questa inumana violenza, riaffermare il primato dell’umanità e della ragione, sia di fronte al populismo demagogico, che all’atteggiamento ipocrita delle principali potenze europee e dell’UE.

venerdì 15 giugno 2018

Nessun cambiamento, come era prevedibile: si peggiora solo il peggiorabile






di Antonio Ciniero


Le iniziative messe in campo dal neo ministro degli Interni, nonostante il tentativo di presentarle come nuove, si pongono in perfetta continuità con gli interventi in materia di politica migratoria e di governance dei flussi attuati dall’Italia e dall’UE da almeno un trentennio. La vicenda della nave Aquarius mostra senza filtri il cinismo e l’aspetto inumano della gestione delle migrazioni anche al grande pubblico, ma non rappresenta un ribaltamento dell’approccio italiano alla gestione dei flussi migratori degli ultimi anni.

Dall’adozione degli accordi di Schengen in poi, la chiusura delle frontiere e la selezione degli ingressi è stata, e continua ad essere, la bussola di tutti gli interventi normativi in materia migratoria del nostro paese, come lo è delle legislazioni nazionali di quasi tutti i paesi europei e dell’Ue nel suo complesso.

Nel nostro paese però, più che altrove, i vari tentativi di ridurre il numero degli ingressi irregolari non solo sono sistematicamente falliti, ma hanno generato un paradosso (solo apparente): quanto più le leggi diventavano repressive e restrittive, quanto più erano orientate a ridurre la clandestinità, tanto più l’irregolarità di soggiorno cresceva (sia l’irregolarità di ingresso, che la cosiddetta irregolarità sopraggiunta).[1] I sedici anni di applicazione della cosiddetta legge Bossi-Fini lo hanno mostrato chiaramente. Ovviamente non è casuale, e l’irregolarità in Italia è aumentata più che altrove perché il nostro paese non ha, a differenza di altri paesi europei, dei meccanismi di regolarizzazione permanenti, ma ha avuto solo sporadiche sanatorie una tantum.
Le politiche di chiusura delle frontiere, la restrizione dei canali d’ingresso regolare, la precarizzazione della condizione giuridica degli stranieri e il mancato riconoscimento dei diritti di cittadinanza hanno fatto sì che si instaurasse una dialettica tra stato e mercato, in cui i processi che costringono i migranti all’irregolarità e all’esclusione consegnano agli agenti economici un utile strumento di svalorizzazione della forza lavoro: una situazione utilissima a chi domanda lavoro, perché mette a disposizione una manodopera priva di diritti da sottoremunerare ed utilizzare per incrementare i profitti.


sabato 19 maggio 2018

A proposito del contratto Movimento 5 Stelle - Lega

di Antonio Ciniero


Lo so, è un po’ come sparare sulla croce rossa, ma qualcosa, forse, può essere utile dirla a proposito del “contratto” Lega – Movimento 5 Stelle. Provo a farlo prendendo in considerazione solo uno dei temi del “contratto”, quello trattato al punto 13 “IMMIGRAZIONE: RIMPATRI E STOP AL BUSINESS”.

Evidentemente un tema centrate per i due movimenti populisti e xenofobi, tanto per quello che ha significato in termini di raccolta voti e consenso popolare, quanto per lo spazio che al tema è dedicato nel contratto. All’immigrazione sono dedicate tre pagine, per capirci, i due movimenti hanno voluto dare più spazio all’immigrazione che al tema del reddito di cittadinanza o del lavoro o, ancora, del fisco… temi che pure avevano avuto una loro centralità durante la campagna elettorale.

Veniamo al dunque. In generale, il punto dedicato all’immigrazione, esplicita, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la natura razzista e populista dei due movimenti e ne rende ufficialmente palese la collocazione nella destra estrema del panorama politico.

L’analisi che traspare dal punto in questione è perentoria, il sistema di accoglienza italiano è fallimentare! E su questo difficilmente si può dissentire, peccato però, che questo sistema di accoglienza non sia frutto del caso, non è nato da una strana alchimia naturale, ma è stato pensato e implementato proprio quando a guidare il dicastero del Viminale c’era il “papà” politico di uno dei due contraenti, Roberto Maroni. E peccato ancora che la legge che oggi il nostro paese utilizza per normare le l’ingresso e le presenze dei cittadini stranieri porta ancora il nome dal “padre dei padri” di uno dei due contraenti.

mercoledì 27 settembre 2017

Informazione, processi di etnicizzazione e decisioni politiche. I rischi di una spirale viziosa




di Antonio Ciniero


Quella che segue è la Postfazione alla ricerca Non dire rom curata da Roberto Mazzoli per l’Associazione 21 Luglio. Per scaricare la ricerca completa cliccare qui.


Dieci anni fa, nella stazione romana di Tor di Quinto, veniva brutalmente uccisa la signora Giovanna Reggiani. Questo doloroso avvenimento di cronaca ha segnato il momento in cui, in Italia, la cosiddetta “questione rom” è tornata a essere declinata con grande eco nel discorso pubblico, tanto sul piano della comunicazione mediatica, quanto su quello del dibattito politico. L’edizione on line del Corriere della Sera – solo per citare un esempio tra tanti – per raccontare l’episodio sceglieva il titolo Giovanna Reggiani è morta, preceduto dall’occhiello Orrore a Roma: saranno abbattute le baracche abusive a Tor di Quinto. Ad accompagnare le foto delle operazioni di polizia, la didascalia Seviziata da rom, controlli nel campo nomadi. [1] Il fatto che a commettere l’omicidio fosse un ventiquattrenne con cittadinanza romena, residente da qualche mese all’interno di un campo informale che sorgeva nei pressi della stazione di Tor di Quinto, amplificò con forza il clamore suscitato dalla notizia, facendo sì che l’episodio travalicasse rapidamente gli steccati della cronaca nera, assumendo, sin da subito, una forte connotazione politica e, a tratti, anche strumentalmente ideologica, che animò il dibattito nell’intero paese.
Il giorno seguente l’omicidio, il sindaco di Roma, Walter Veltroni, da poco divenuto il primo segretario del Partito Democratico, lanciava un allarme sicurezza che avrebbe condizionato non solo l’agenda politica del governo della città di Roma, ma anche quella del governo nazionale, allora presieduto da Romano Prodi, che, proprio sulla spinta di quel fatto di cronaca, convocò il Consiglio dei Ministri che introdusse limitazioni all’ingresso e al soggiorno in Italia per i cittadini romeni, da pochi mesi divenuti cittadini comunitari.[2] Qualche mese dopo, nel maggio del 2008, il nuovo governo con maggioranza di centro-destra, guidato da Silvio Berlusconi, emanava un decreto con il quale si sanciva in Italia l’esistenza di un’“emergenza nomadi”. [3] Quel decreto diede poteri speciali ai prefetti di Roma, Napoli e Milano per affrontare la presunta emergenza e diede loro, tra l’altro, la possibilità di gestire ingenti somme di denaro pubblico in deroga alle procedure ordinarie previste dalle leggi.[4] Si tratta di un esempio, forse il più eclatante, in cui racconto mediatico e decisioni pubbliche si sono condizionati vicendevolmente in modo perverso.

giovedì 29 giugno 2017

Chiudere i porti alle navi delle ONG è inumano!




Sbarco nel porto di Pozzallo, nel 2016, di 433 migranti salvati dall’Ong Moas e dalla Croce Rossa a bordo della nave Topaz Responder 

di Antonio Ciniero

È davvero deprimente leggere oggi le prime pagine dei giornali Italiani. Su tutte campeggia la proposta del governo italiano di chiudere i porti alle navi delle ONG che salvano vite in mare condannate a morte quasi certa dalle leggi migratorie italiane ed europee.

L’arrivo di 12 mila persone non è un emergenza, né tantomeno è un evento inatteso in un periodo in cui le condizioni meteorologiche facilitano, per quello che è possibile, la possibilità della traversata in mare.

Entro fine anno, gli arrivi via mare in Italia saranno circa 200 mila, al netto delle persone che purtroppo continueranno a morire (l’anno scorso gli arrivi sono stati circa 180 mila).

La previsione dell’arrivo di circa 200 mila persone non esce da qualche speciale cilindro, è semplicemente la capacità che riesce a garantire il sistema dei viaggi irregolari sui barconi così come oggi è configurato dalle leggi che regolano le modalità di ingresso sul territorio italiano.

Sono cose note e non da oggi! E dovrebbero essere tali anche agli esponenti dell’attuale governo! Di conseguenza, se la proposta di chiudere i porti vuole essere una misura per fronteggiare un’emergenza inesistente, il governo italiano semplicemente dimostra la sua totale inadeguatezza a far fronte ad un fenomeno che si ripete identico a se stesso da almeno sei anni!

Se invece la proposta di chiudere i porti è dettata da logiche elettoralistiche (ricerca di consenso) o da un tentativo di ridefinire rapporti politici di forza all’interno dell’Ue, allora, questa proposta è l’ennesimo gioco sporco fatto sulla pelle delle persone! Così come lo era stato l’attacco del procuratore Zuccaro alle ONG, anche in quel caso del tutto privo di fondamento.
Uomini, Donne e bambini, ridotti, cinicamente, a pedine da sacrificare sullo scacchiere della politica interna e internazionale.

Tutto ciò è indegno di un paese democratico. Di più, tutto ciò è inumato.