Photo credit: Medici Senza Frontiere
di Antonio Ciniero
Un’ipocrisia di fondo caratterizza e circonda tutti
gli attacchi che in questi giorni si sono registrati al lavoro delle ONG che
operano in mare tra l’Italia e la Libia, accusate di favorire l’immigrazione
irregolare e di collaborare con scafisti senza scrupoli. È un’ipocrisia
insopportabile soprattutto quando questi attacchi provengono da chi riveste un
ruolo politico, perché, in questo caso, chi è latore degli attacchi lo fa perché
ignora il fenomeno, cosa grave per chi ha responsabilità politiche, oppure
perché è in mala fede ed evidentemente preferisce un aumento di morti in mare
da piangere e commemorare in qualche giornata istituita ad hoc.
L’esistenza stessa degli “scafisti”, del sistema
criminale che in molti casi organizza la traversata dei migranti che vogliono
raggiungere l’Europa, è conseguenza diretta delle politiche migratorie adottate
sia dall’Unione Europea - già dall’adozione dai trattati di Schengen nel 1985 -
che dai singoli paesi membri.
Qualunque cosa ne dicano i vari governanti, malinformati
o in malafede che siano, le politiche di chiusura delle frontiere non hanno
nessun effetto sulla riduzione dei flussi migratori, possono al massimo ri-orientare
le rotte, come è avvenuto, per esempio, nel 1973, quando l’emanazione delle
cosiddette “politiche di stop” ha spostato i flussi migratori dai paesi del
centro e nord Europa (Inghilterra, Germania, Belgio, Svizzera, Francia) verso i
paesi dell’Europa mediterranea, o come avvenuto più recentemente con la
chiusura della cosiddetta rotta balcanica sul finire del 2015, il cui principale
effetto è stato l’aumento del numero dei morti nel Mediterraneo…Basta ricordare
i dati, che sono tragicamente evidenti rispetto a ciò. Nel 2015, seguendo la
rotta balcanica, sono arrivate in Europa, attraverso la Grecia, oltre 840 mila
persone. In questo tragitto ne sono morte circa 800. Attraverso l’Italia, via
Libia, sono arrivate invece circa 150 mila persone e ne sono morte oltre 2800. Nel
2016 nel Mediterraneo sono morte oltre 5 mila persone!
Viste le motivazioni che innescano partenze e flussi
migratori - che vanno dalla scelta dei singoli di lasciare
il proprio paese per il desiderio di assicurare migliori condizioni economiche a
sé e ai propri figli, alla necessità di fuggire da guerre, violenze,
persecuzioni che insanguinano i luoghi di vita di milioni di persone, aspetti che
spesso si sovrappongono – è bene sapere che chi parte per questi motivi non sarà
certo scoraggiato a farlo dalle politiche di chiusura delle frontiere.
La scelta migratoria si è storicamente configurata,
nella quasi totalità dei casi, come il tentativo individuale di dare risposte
ai processi strutturali derivanti dalla sperequazione economica e dai processi
di impoverimento di sempre maggiori aree del pianeta e di sempre più ampie
fasce sociali. Processi esasperati negli ultimi quarant’anni dalle politiche
economiche neoliberiste.
Nell’attuale sistema economico, dominante a livello
planetario, lo sfruttamento di ampie masse di popolazione, l’allargamento delle
disuguaglianze, le guerre, non sono affatto effetti accidentali: sono, anzi,
elementi strutturali e costitutivi dei rapporti di potere generati e mantenuti
attraverso le politiche liberiste. Liberismo economico e democrazia
difficilmente sono conciliabili, non si dimentichi che il laboratorio politico
in cui Milton Friedman ha sperimentato le sue teorie economiche è stato il Cile
di Pinochet!
Se si vuole evitare che gli scafisti continuino a lucrare
sulla vita delle persone, se si vuole evitare che le navi delle ONG siano
presenti nelle acque per salvare vite umane, se si vuole evitare che gente
continui a morire in mare come avviene da trent’anni nel Mediterraneo, c’è solo
una cosa, per altro semplice, da fare: APRIRE LE FRONTIERE e ipotizzare
politiche migratorie che incentivino arrivi in condizioni di regolarità e
sicurezza di chi decide o è costretto a migrare. Fare questo però significa lavorare ad un
nuovo modello di produzione e redistribuzione della ricchezza, un modello che
rimetta al centro l’essere umano, che riconduca i rapporti economici all’interno
dei rapporti sociali: un sistema, insomma, che metta in discussione
radicalmente gli attuali equilibri di potere mondiale.
Il modello politico ed economico oggi egemone è un
modello insostenibile e gli attuali flussi migratori non sono che uno degli
indicatori di questa insostenibilità.
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