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lunedì 24 aprile 2017

Non volete le ONG? Aprite le frontiere!


Photo credit: Medici Senza Frontiere 


di Antonio Ciniero

Un’ipocrisia di fondo caratterizza e circonda tutti gli attacchi che in questi giorni si sono registrati al lavoro delle ONG che operano in mare tra l’Italia e la Libia, accusate di favorire l’immigrazione irregolare e di collaborare con scafisti senza scrupoli. È un’ipocrisia insopportabile soprattutto quando questi attacchi provengono da chi riveste un ruolo politico, perché, in questo caso, chi è latore degli attacchi lo fa perché ignora il fenomeno, cosa grave per chi ha responsabilità politiche, oppure perché è in mala fede ed evidentemente preferisce un aumento di morti in mare da piangere e commemorare in qualche giornata istituita ad hoc.

L’esistenza stessa degli “scafisti”, del sistema criminale che in molti casi organizza la traversata dei migranti che vogliono raggiungere l’Europa, è conseguenza diretta delle politiche migratorie adottate sia dall’Unione Europea - già dall’adozione dai trattati di Schengen nel 1985 - che dai singoli paesi membri.

Qualunque cosa ne dicano i vari governanti, malinformati o in malafede che siano, le politiche di chiusura delle frontiere non hanno nessun effetto sulla riduzione dei flussi migratori, possono al massimo ri-orientare le rotte, come è avvenuto, per esempio, nel 1973, quando l’emanazione delle cosiddette “politiche di stop” ha spostato i flussi migratori dai paesi del centro e nord Europa (Inghilterra, Germania, Belgio, Svizzera, Francia) verso i paesi dell’Europa mediterranea, o come avvenuto più recentemente con la chiusura della cosiddetta rotta balcanica sul finire del 2015, il cui principale effetto è stato l’aumento del numero dei morti nel Mediterraneo…Basta ricordare i dati, che sono tragicamente evidenti rispetto a ciò. Nel 2015, seguendo la rotta balcanica, sono arrivate in Europa, attraverso la Grecia, oltre 840 mila persone. In questo tragitto ne sono morte circa 800. Attraverso l’Italia, via Libia, sono arrivate invece circa 150 mila persone e ne sono morte oltre 2800. Nel 2016 nel Mediterraneo sono morte oltre 5 mila persone!

venerdì 14 aprile 2017

Il decreto Orlano Minniti non riduce le libertà democratiche per i migranti, le riduce per tutti!




Nel 1998, Livia Turco e Giorgio Napolitano hanno firmato la legge n. 40, quella che, tra le altre cose (alcune, poche, anche positive), ha introdotto in Italia i Centri di Permanenza Temporanea. Da allora, quei luoghi hanno rappresentano un vulnus nel sistema della nostra cultura giuridica. Oltre a essere delle istituzioni totali, dei luoghi dove i diritti sono sospesi, prevedono, per la prima volta nella storia repubblicana, la privazione totale della libertà personale in assenza di reato. 

Nel 2002, Umberto Bossi e Gianfranco Fini firmano la legge n. 189, probabilmente la peggiore legge europea in materia di migrazione, una legge che ha esasperato gli aspetti negativi della precedente ad iniziare proprio da un inasprimento delle condizioni di detenzione nei Centri di Identificazione ed espulsione, come nel frattempo sono stati rinominati i CPT e con l’introduzione del cosiddetto contratto di soggiorno.

Oggi, Andrea Orlando e Marco Minniti con il loro decreto, che mi auguro venga bocciato quanto prima dalla corte costituzionale, sono riusciti ad istituire in Italia, di fatto, un sistema di apartheid giuridico.

Mai, come negli ultimi trent’anni, il fenomeno migratorio è stato soggetto a politiche tanto repressive quanto quelle che attualmente tentano di disciplinarlo nei diversi paesi europei. Se il modo con cui un paese si approccia alle migrazioni può essere considerato un banco di prova su cui misurare la democraticità dello stesso, delle sue istituzioni e delle sue leggi, l’Italia (ma non solo), e non da oggi, difficilmente può considerarsi un paese democratico.

Quando una legge è ingiusta disobbedire è un dovere!

mercoledì 29 marzo 2017

Non è tutto in vendita, non si può comprare tutto! #NoTap







La forza e l’arroganza con la quale si vuole imporre un’opera come la #TAP non è che l’ennesima trasfigurazione dei rapporti di potere che attraversano le società contemporanee. Da una parte ci sono gli interessi economici, difesi, presidiati e imposti - non solo simbolicamente - dall’azione degli Stati, dalle forze armate; dall’altro, c’è chi resiste al processo che vuole ridurre tutto a merce, ci sono uomini e donne che fanno comunità, che difendono come possono, usando il proprio corpo, quel che resta di un territorio sempre più martoriato in nome del profitto. 

mercoledì 8 febbraio 2017

È caccia all’uomo!



È inquietante leggere questa circolare del Ministero degli Interni datata 26 gennaio. È stata diramata alle questure di Roma, Brindisi, Torino e Caltanissetta con l’ordine di riempire i Cie delle città in questione di “ cittadini sedicenti nigeriani” (questa la dizione della circolare) entro il 18 febbraio. Questa improvvisa stretta - tanto impellente per il mistero dell’interno da chiedere anche di rilasciare anticipatamente altri reclusi se necessario per far posto ai nigeriani – è diretta conseguenza dell’accordo di collaborazione nelle identificazioni con l’ambasciata della Nigeria.  

Questa vergognosa caccia all’uomo, non è che l’ultima delle continue violazioni ai diritti umani che in Italia e in Europa si stanno perpetuando negli ultimi anni ai danni dei migranti. Gli stati stanno cercando in ogni modo di bloccare gli ingressi sul proprio territorio attivando a questo scopo una serie di dispositivi che vanno dagli accordi sottoscritti con il governo di Erdogan all’istituzione degli hotspot, dai muri con il filo spinato alla proliferazione dei campi profughi che nascono nelle zone di confine, da Calais a Idomeni.

venerdì 6 gennaio 2017

CIE: né qui né altrove







Marco Minniti ha dichiarato che i Cie che dovranno ospitare le persone irregolari da respingere “non avranno nulla a che fare con quelli del passato. Punto. Non c'entrano nulla perché hanno un'altra finalità, non c'entrano con l'accoglienza ma con coloro che devono essere espulsi.”

I Cie, così come prima i CPT (Centri di Permanenza Temporanea, introdotti dalla legge n. 40 del 1998, la cosiddetta Turco-Napolitano) non hanno mai avuto nulla a che fare con l’accoglienza! Lo scopo, dichiarato, è sempre stato quello dell’identificazione e dell’espulsione. Uno scopo rispetto al quale - come abbondantemente attestato da studi, ricerche, commissioni di inchiesta - si sono rivelati del tutto inefficaci.

Questo un ministro dell’Interno ha il dovere di saperlo! Se non lo sa, è palesemente inadeguato a ricoprire il ruolo che ricopre; se lo sa e finge di non saperlo prende in giro chi lo ascolta facendo squallidi gioghi di potere sulla pelle di chi è più vulnerabile!

I Cie sono luoghi di sospensione dei diritti, si conosce perfettamente tutto quello che avviene al loro interno, si conoscono le dinamiche relazionali che si innescano tra operatori e “internati”, si conoscono le contraddizioni giuridiche a cui danno vita, la funzionalità produttrice di irregolarità amministrativa e la correlazione che questa irregolarità prodotta per legge ha tanto con le modalità di costruzione del consenso, quanto con le modalità di inserimento lavorativo e relativo sfruttamento in contesti economici depressi.

I Cie, semplicemente, vanno aboliti. Rappresentano un vulnus nel sistema della nostra cultura giuridica. Sono incompatibili con un paese democratico. Sono luoghi che non rispettano, prima ancora che i diritti, l’umanità.


#MaiPiùCie #CieNèquiNèAltrove

domenica 18 dicembre 2016

Il campo come paradigma.
Rom stranieri in Italia: una storia di migrazione e di mancata cittadinanza



Articolo scritto in occasione della 
Giornata Internazionale del Migrante


Antonio Ciniero

Dei circa 180 mila rom e sinti stimati in Italia, quasi la metà non ha la cittadinanza italiana. Si tratta quindi di migranti, oppure di figli e nipoti di migranti. Per quanto riguarda la storia recente, è in particolare dalla fine degli anni ’70 del Novecento che i rom iniziano a giungere in Italia, sulla scia dei più generali flussi migratori che, a partire da quel periodo, interessano con maggiore sistematicità il paese. Partono per le motivazioni classiche che spingono tutti i soggetti alla migrazione: la possibilità di trovare un lavoro, il semplice desiderio di conoscere un nuovo posto, la volontà di creare una vita migliore per sé o per i propri figli, di costruirsi una casa.
Come nel caso di altre fasi migratorie, vecchie e nuove, anche tra i rom non manca chi è stato costretto ad abbandonare le proprie case a causa della guerra, o per problematiche politiche e sociali innescate da conflitti interni al paese di provenienza. È il caso della gran parte dei rom stranieri arrivati in Italia dalla ex-Jugoslavia fino gli anni ’90 del secolo scorso. Si tratta di un flusso migratorio che si intensifica negli anni delle guerre che insanguinano il paese dopo la morte di Tito e soprattutto tra il ’96 e il ’99, con la guerra in Kosovo. Profughi, proprio come buona parte dei migranti che oggi cercano di raggiungere le coste europee, alcuni dei quali sono riusciti, oggi come ieri, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato politico.

sabato 10 dicembre 2016

68 anni dalla sottoscrizione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo


di Antonio Ciniero


Sono 30 gli articoli che sanciscono i Diritti fondamentali dell’Uomo che il 10 dicembre del 1948 le Nazioni Unite hanno sottoscritto a Parigi adottando la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo.

Oggi, dopo 68 anni, quella dichiarazione è ancora lontana dall’essere pienamente applicata anzi, continua ad essere sistematicamente violata, e non solo nei paesi non democratici ma anche in Italia e in Europa, culla di quei diritti.

È stata violata, solo quest’anno, per oltre 4 mila volte, tanti i corpi, stima per difetto, finiti nel fondo del Mediterraneo a causa delle politiche migratorie europee che impediscono ai cittadini di muoversi liberamente.