di Antonio Ciniero
Riporto l’introduzione al
catalogo fotografico Cerchiamo Bellezza,
curato dall’associazione FotoFucina. Il catalogo e la mostra fotografica saranno presentati sabato 17 giugno
Oggi più di 200 milioni di persone vivono in un
paese diverso da quello nel quale sono nati. Se è vero che la storia umana è
una storia di migrazioni, è altrettanto vero che l’epoca contemporanea conosce
una mobilità senza precedenti. Partire è oggi sempre più una scelta obbligata: nello
scorso anno, sono state oltre 65 milioni le persone costrette alla fuga nel
mondo, una cifra mai registrata prima. Oltre 5 mila sono state le persone morte
nel tentativo di raggiungere l’Europa. Morti di confine, morti ai confini.
La migrazione è una scelta obbligata anche perché
rimane una delle poche possibilità di risposta alla sperequazione economica e
alle forti diseguaglianze sociali a cui la maggior parte della popolazione, a
livello planetario, è costretta dal sistema economico dominante. Un sistema in
cui l’1% dell’umanità possiede più ricchezza netta del resto del pianeta. Un sistema
nel quale 8 persone possiedono tanto quanto la metà più povera del mondo. Un
sistema nel quale, tra il 1998 e il 2011, i redditi del 10% più povero dell’umanità
sono aumentati di meno di 3 dollari l’anno, mentre quelli dell’1% più ricco
sono aumentati 182 volte tanto. Questa sperequazione non è un effetto
accidentale, è il risultato di oltre quarant’anni di applicazione delle
politiche neoliberiste.
I movimenti migratori, come una cartina di
tornasole, mettono in luce l’insostenibilità e l’ingiustizia di questo sistema.
Ci dicono che il re è nudo, ma…occorre
poter guardare, saper guardare. Nelle migrazioni, infatti, l’aspetto della visibilità, di ciò che è reso visibile,
assume un’importanza decisiva. Oggi più che mai le migrazioni si rivelano una
questione di sguardi, e di attenzione. Non è un caso che l’informazione visiva
che accompagna il discorso pubblico, politico e massmediatico, nella
maggioranza dei paesi del nord del mondo, connoti negativamente le migrazioni descrivendole
come una continua minaccia, un’invasione portatrice di problematiche
irrisolvibili e immutabili. Da tempo ormai i migranti – uomini, donne e persino
bambini - sono diventati i principali oggetti di una narrazione, anche visuale,
fortemente
connotata da stereotipi e da un insistente quanto irrispettoso pietismo, che
punta a suscitare emozioni forti e irrazionali. Vite umane incessantemente raccontate e rese visibili solo attraverso
retoriche e rappresentazioni che conquistano sempre più spazi nei media, tra i
movimenti e i partiti di ispirazione esplicitamente xenofoba, ma anche in ampi
segmenti di movimenti sociali di ispirazione progressista. Discorsi totalizzanti
(e razzisti) che negano l’individualità di questi soggetti, la loro storia, la
loro specificità. Nel discorso pubblico dominante i singoli non hanno spazio
per raccontarsi.
Il progetto di Fotofucina va in direzione opposta a
questa tendenza. Cerchiamo bellezza prova
a creare altri spazi di visibilità, vuole soffermarsi su altre possibilità. Prova
a raccontare, con semplicità e immediatezza, un modo diverso di guardare alle
migrazioni, fermando l’occhio della fotocamera sui tanti cittadini di origine
migrante che abitano le nostre stesse città, i nostri stessi paesi, spesso non
visti, non conosciuti. Si concentra su volti, figure, gesti, sguardi, particolari
e simboli di vita quotidiana per farci intuire frammenti di altre storie, di
altre esistenze, proponendoci un’apertura a nuovi percorsi di conoscenza. Cerchiamo bellezza è poi anche un modo
per continuare a raccontare di noi stessi e del Salento, di come si è
modificato e di come continua a modificarsi. È l’incontro che crea la vita, ed è
stato l’incontro, il secolare confronto con gente giunta da altre parti del
mondo, con i loro stili di vita, che ha creato le “nostre” tradizioni, che ha
dato forma a quello che oggi definiamo la “nostra storia”, “la nostra cultura”.
Oggi, il Salento, la terra che abitiamo perché ci siamo nati o perché ci siamo
giunti, è la terra nuova che traspare
dalle foto di questo catalogo.
La fotografia può essere arte, ma può diventare anche
uno strumento per riflettere sulla realtà che ci circonda e sulle
trasformazioni che l’attraversano. Non casualmente è stata utilizzata nelle
scienze sociali per raccontare le modificazioni che hanno investito le società.
Tuttavia, diceva Franco Ferrarotti, «la realtà umana non è nella fotografia.
Poiché la realtà umana è significato - concrezione, costruzione di significati
rappresi - essa non può trovarsi nella fotografia, ma nell'intenzione del
fotografo. Se non c'è l'intenzione, cade anche il significato, cioè il criterio
selettivo, il dato emergente, la variabile decisiva». Lo stesso Ferrarotti provava a mettere in
guardia proprio dalla bellezza,
nemica, insieme alla commozione, della fotografia nelle scienze sociali, perché
«devia l’occhio e l’attenzione dalla testimonianza interpretativa del fatto e
della situazione umana determinata verso una visione estetizzante e diluita».
Cerchiamo bellezza, in questo senso, pur presentando una visione
attenuata e fortemente positiva, non dimentica affatto la dimensione sociale,
ma, anzi, fondendo sguardo poetico e tensione etica, coglie, in modo diretto,
la profondità e la portata delle trasformazioni che oggi investono le nostre
vite, le potenzialità e le energie che apportano queste nuove storie che
ricominciano e continuano nella nostra terra, portando speranza, oltre il
passato e la sofferenza, proprio come i visi e i colori vivi che emergono e si
stagliano dal fondo nero del pannello.
grazie Antonio per il tuo straordinario contributo al nostro umile progetto.
RispondiEliminaMichele
Michele, di straordinario qui c'è solo quello che avete fatto con il vostro progetto, un abbraccio!
EliminaVi vorrei invitare a leggere il mio Blog,aperto da poco!grazie mille. http://luzparasiempre.blogspot.it/2017/08/quando-limmagine-parla_40.html
RispondiEliminaThankk you for being you
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